PIETRO ICHINO, UN RIVOLUZIONARIO DI SINISTRA

 

Pietro Ichino è di estrema sinistra. Potrà sembrare un’affermazione provocatoria, ma non lo è. Da quando è asceso al governo Mario Monti, il Partito Democratico è attraversato da forti tensioni sotterranee tra aree diverse. Da un lato c’è chi, come Ichino e tanti altri, vorrebbe approfittare di questo esecutivo tecnico per far evolvere il partito e l’intero schieramento ad uno stato riformista. Dall’altro si assiepano ex sindacalisti e affini, come Cesare Damiano, che non vogliono alcuna modifica o quasi al diritto del lavoro vigente.

Secondo la vulgata corrente i secondi rappresenterebbero l’ala “sinistra” del partito. La definizione è quantomeno arbitraria. Evitando di addentrarci in una dissertazione su cos’è la destra, cos’è la sinistra, registriamo che sembra comunque più “rivoluzionaria” la proposta di Ichino in materia dei contratti del lavoro (in sintesi: un’unica forma contrattuale a tempo indeterminato che non garantisca l’inamovibilità del lavoratore come quella attuale, e che favorirebbe l’ingresso dei giovani nel mercato) che non la non-proposta dell’ala sindacalista che mira a difendere lo status quo.

Ichino da questo punto di vista, come già detto, è di estrema sinistra. Vuole sovvertire regole in vigore ormai da decenni, mira a far entrare nel mercato forza lavoro finora esclusa o sfruttata, ha come obiettivo la riduzione dei privilegi di una corporazione (peraltro minoritaria) che per difendere la propria situazione impedisce un miglioramento di quella altrui. Chi si schiera contro questi intenti non può essere definito in altro modo che “conservatore”o “reazionario”. Insomma, “di destra”.

Se infatti ci si discosta da una pedissequa osservanza di regole pratiche scritte in un contesto economico completamente differente, pare molto più in linea con l’impeto ideale del socialismo delle origini un pensiero oggi definito “riformista”, che non quello della Fiom o di Rifondazione Comunista (o di Stefano Fassina del Pd).

Certo, per una questione di convenienza politica ed elettorale, Ichino (e non solo lui) non si definirà mai “di estrema sinistra”, visto il significato corrente dell’espressione. Ma chi, sotto sotto, quando sente suonare l’Internazionale un po’ si commuove; chi non riesce a distaccarsi del tutto da quel aspetto utopico e romantico del socialismo; chi prova un’emozione ripensando alle lotte di cento anni fa da parte di chi era escluso dalla società per entrarvi; tutti queste persone “di sinistra” dovrebbero riconoscersi nell’assalto operato da alcuni “riformisti” alle regole consolidate e ormai ingiuste del mercato del lavoro. Non nella strenua difesa di privilegi antistorici messa in atto dai “conservatori”.

Tommaso Canetta