L’ECONOMIA E’ PER GENTE PER BENE

La lezione dei Fratelli Panini

L’Europa discute su come ricapitalizzare le sue banche, stremate dalle conseguenze del debito di Atene e di mille speculazioni azzardate. Lo spettacolo non è esaltante, ma di tanto in tanto un sorriso puo’ rimpiazzare il pianto da tragedia greca. Ascolto una radio francese (per la cronaca si tratta del canale pubblico France Info) e scopro che l’Europa sta celebrando in pompa magna un anniversario di eccezionale importanza : il mezzo secolo trascorso dalla nascita delle mitiche e magiche « figurine Panini ».

Le figurine hanno cinquant’anni, ma i loro fondatori Giuseppe, Benito, Umberto e Franco (ovviamente tutti di cognome Panini) non immaginavano che avrebbero cambiato la storia europea e mondiale, commercializzando nel 1961 il primo album di fotografie dei calciatori. Io avevo allora tredici anni e come i miei coetanei cominciai ad appassionarmi per le immagini dei giocatori. Possedere la figurina era quasi come parlare con l’idolo dei propri sogni. Completare una pagina consentiva in un certo senso di sentirsi azionisti di una squadra. Terminare l’album, cosa assai complessa e difficile, era un’impresa “storica”. Si andava a scuola, ma buona parte delle cose che veramente si apprendevano (e che si tenevano a memoria) venivano dalle magiche figurine, sfornate dalla benemerita società Fratelli Panini di Modena. A scuola si imparava l’aritmetica, base del commercio. Pero’ il commercio vero, quello destinato a contare per tutta la vita, lo si imparava comprando e soprattutto negoziando le magiche figurine dei calciatori. Per comprarle bisognava risparmiare: prima lezione di economia. Per scambiarle occorreva conoscerne il valore di mercato. Seconda fondamentale lezione. Chi più era abile nel far salire i prezzi delle proprie figurine doppie (da cedere) e nel mascherare i propri appetiti per le figurine mancanti era nelle migliori condizioni per avanzare con l’album. Lezione numero tre.

Il successo italiano consenti’ mezzo secolo fa ai fratelli modenesi di espandersi in Europa, continente in cui il calcio fa battere i cuori e sognare le menti. Solo che li’ è successo l’imprevisto dalle conseguenze devastanti. La generazione di ragazzini-negoziatori di figurine è andata avanti con gli anni. Come dire “Piccoli Panini crescono”. I ragazzini di ieri sono andati a lavorare in banca e la loro propensione allo scambio li ha portati davanti al computer come traders di Société Générale, di UBS e via dicendo. Hanno scambiato allegramente i miliardi di (nostri) euro o si sono dilettati ad acquistare “subprime” americani, CDS (i certificati d’assicurazione sull’ipotetico fallimento degli Stati, di cui oggi nessuno conosce la quantità circolante nel mondo e di cui temo si parlerà molto nei prossimi mesi) e altri prodotti finanziari più o meno sofisticati. Invece di barattare Nils Liedholm con Cudicini padre, hanno pagato miliardi di dollari per strani certificati il cui valore reale è talvolta inferiore a quello delle figurine. Le cifre passavano sul loro computer e non c’era neppure bisogno di discutere all’uscita di scuola, come facevamo noi nell’improvvisata Borsa, sotto i portici, davanti alle Medie di Galliate, ridente e operoso borgo sulla riva piemontese del Ticino.

Il trader Jérôme Kerviel, della banca francese Société Générale, ha perso tra il 2007 e il 2008 la bella cifra di cinque miliardi di euro (ovviamente non suoi). Il mese scorso Kweku Adoboli, trader del gruppo UBS (Unione di Banca Svizzera) è finito in carcere a Londra per aver perso due miliardi di dollari giocherellando al computer con l’acquisto e la vendita di prodotti finanziari neppure troppo sofisticati. Come dire che il vertice della banca avrebbe potuto perfettamente controllare la sua azione e ha scelto di chiudere gli occhi (anche se adesso declina ogni responsabilità).

Cari Fratelli Panini, vedete dove siamo arrivati? Voi avete illuso generazioni di giovani europei sul fatto che l’economia fosse una cosa da ragazzi, ma avete dimenticato di spiegarci che dovrebbe essere soprattutto una cosa da gente per bene. Le cose sono ancora peggiorate dopo l’epoca aurea delle vostre figurine. Gli undicenni della generazione nata negli anni Settanta hanno perso la testa per il “game boy” invece che per l’album dei calciatori. Passavano ore ed ore su quella macchinetta pigiando un tasto dietro l’altro: proprio la stessa cosa che fanno oggi sui computers delle banche, cercando di pescare l’attimo fuggente in cui i derivati sugli affitti delle case di Hong Kong si rivalutano rispetto ai prodotti finanziari scaturiti dal commercio dell’immagine di Biancaneve a Eurodisney. I Sette nani stanno a guardare. Chiacchierano in allegria tra una birra e l’altra. Pare che la loro riunione porti il nome di G7.

Alberto Toscano