UNA VIA DI SALVEZZA II
Un’ideologia anglospagnola di un secolo fa, ispirata anche a modelli antichi, per i bisogni di socialità del mondo che va sorgendo dalla decomposizione ipercapitalista
Questo è il terzo contributo di ‘Internauta’ su Ramiro de Maeztu (i precedenti sono stati, lo scorso luglio, “Un pensatore profetico”, scritto da Manuel Fraga Iribarne; in settembre, “Proposta di Guild Socialism”). Per quanti conoscono la storia politica spagnola (e britannica) nel primo Novecento, de Maeztu è un nome significativo. Con Pio Baroja, Ortega y Gasset, Unamuno e altri, Maeztu fu iniziatore del Regeneracionismo, il movimento di pensiero suscitato in Spagna dal disastro del 1898 (sconfitta nella guerra con gli Stati Uniti, fine dell’Impero a Cuba e nel Pacifico). Per qualcuno, Maeztu fu il più creativo tra i rigenerazionisti.
Nel quindicennio che si chiuse con la Grande Guerra de Maeztu si fece propugnatore del Guild Socialism, una formula di libero collettivismo non marxista che fu alternativa sfortunata al Fabianesimo (poi divenuto Labour). Chi scrive precisa che, se si è fatto tardo seguace del Guild Socialism, non è perché condivida l’assieme delle posizioni di Maeztu; una parte di rilievo, sì.
Uomo animosamente di destra al punto d’essere, allo scoppio della Guerra civile, incarcerato e poco dopo fucilato dai repubblicani, Maeztu vale come assertore di socialismo proprio in quanto la sua proposta veniva da destra. Egli respingeva la tradizionale posizione conservatrice secondo cui i proletari erano classe subalterna. Al contrario fece suo l’egualitarismo delle gilde. Sia pure richiamandosi a contesti tradizionalistici, il Nostro attribuiva al lavoro un ruolo, quindi una funzione di potere, pari a quelli del capitale. Additava la centralità del mercato e, sbagliando, considerava gli Stati Uniti il massimo riferimento dell’economia moderna.
Tuttavia considerava il liberalismo fallito e morente: infatti aderì alla Dictadura spagnola di Miguel Primo de Rivera e da essa accettò la nomina ad ambasciatore in Argentina. Ma attenzione: la Dittatura, tra il 1923 e il ’30, fu amica del popolo e del partito socialista allora rispettabile, non degli ambienti da cui Primo, generale marchese e collegato all’alta società internazionale, proveniva. Il primo inizio di Welfare della storia di Spagna fu dovuto al Dittatore, non alla Repubblica, sinistrista/popolare a chiacchiere, sorta dopo che egli spontaneamente si ritirò (morì poco dopo in un modesto albergo parigino. Quand’era dittatore faceva frequentemente a piedi, in pratica senza scorta, il percorso da casa al Ministero della Guerra).
L’importanza di Maeztu nella storia delle idee è appunto nel suo additare da destra qualcosa di socialista. Oggi la tragedia del socialismo è che il quasi niente di esso che ancora vive, viene caldeggiato da sinistra: con la certezza che sia rifiutato, o fallisca. La non credibilità, persino l’indegnità, delle sinistre sono conclamate da molti anni. La parola stessa di socialismo è divenuta impronunciabile.
E’ senza dubbio possibile discutere sui contenuti di radicale riforma presenti nel Guild Socialism. Però dove furono le vere trasformazioni nel ‘socialismo’ di Craxi, di Felipe Gonzales e di Rodriguez Zapatero, del Labour, delle socialdemocrazie nordeuropee, tutti ‘socialismi’ che fecero onnipotenti il capitalismo e l’atlantismo?
Di fatto il Guild Socialism era il pre-corporativismo non fascista che fu sperimentato -con successo- da Primo de Rivera e dal suo giovane ministro Aunos nei primi anni del regime militare. La pace sociale fu completa, l’opinione pubblica appoggiò (salvo gli intellettuali), l’economia sostenuta dalla congiuntura prosperò, si fecero grandi opere pubbliche, i proletari ebbero non poche case scuole ospedali e, soprattutto, le prime misure di previdenza sociale. Il generale marchese era paterno oltre che paternalista. Di fatto il popolo ricevette quanto invece la successiva Repubblica non seppe dargli: essa amava la borghesia radicale e anticlericale, non il popolo.
Al di là di alcune pratiche autoritarie -ma non oppressive né efferate: nessun nemico venne ucciso; i dissenzienti furono multati piuttosto che arrestati; il grande Unamuno fu facilitato ad evadere dal confino e trasferirsi al di là dei Pirenei- il bonario Primo de Rivera dimostrò coi fatti d’essere dalla parte dei proletari, non dei suoi pari e parenti latifondisti o finanzieri: i quali infatti lo fecero cadere nel 1930, allorquando le spese eccessive della modernizzazione e delle provvidenze a favore del popolo, aggiunte ai primi contraccolpi della Depressione mondiale del 1929, avevano indebolito il regime militare.
La controprova dell’autentica socialità della Dictadura è, naturalmente, nel ben noto fatto che il generale Primo non sciolse il Partito Socialista, anzi lo favorì e meditò di farne il partito unico di regime; e nell’altro fatto che consigliere ufficiale di Primo nella materia sociale fu Francisco Largo Caballero socialista, massimo sindacalista del paese, il futuro ‘Lenin spagnolo’ cioè leader del massimalismo di sinistra. Largo presiedette il governo della Repubblica prima di Juan Negrin.
Maeztu ‘commissario ideale’ dello svecchiamento spagnolo
Il Guild Socialism, o ‘gremialismo, o quasi-corporativismo, fu un percorso verso l’equità che Maeztu aveva vestito di tradizionalismo medievaleggiante, ma che in essenza proiettava il lavoro verso l’effettiva parità col capitale. Se oggi si ripropone il Guild Socialism, propugnato da un uomo di destra, è perché esso si differenzia e quasi si contrappone a tutti i socialismi falliti che abbiamo conosciuto. Il Nostro dette sviluppo ideologico a una grossa esperienza semicorporativa attuata negli anni di Primo de Rivera.
Peraltro Ramiro de Maeztu, figlio di una madre inglese, marito di una inglese, padre di un figlio che apparve uno dei giovani fisicamente più prestanti della razza britannica, agì per un quindicennio in Gran Bretagna e mosse da formulazioni teoriche fatte lì, a partire dalla fine dell’Ottocento, dagli intellettuali della rivista “New Age”. A Londra interagì con uomini quali H.G.Wells, G.B.Shaw, i grandi cattolici G.K.Chesterton e Hilaire Belloc, con William Temple destinato alla cattedra di arcivescovo di Canterbury, con Bertrand Russell.
Sono gli anni del massimo fulgore di quell’impero e di quella società, gli anni del liberalismo di Asquith e di Lloyd George; nasce il socialismo evoluzionista del Labour. Si annunciano le svolte e le tensioni del modernismo, del futurismo, di altre rotture. Maeztu diviene intimo del poeta T.E.Hulme, di altri letterati del primo rango, però mantenendo distacco rispetto agli ismi e alle avventure estetiche.
Manuel Fraga Iribarne ha ricordato che Maeztu è colpito dal “profundo eticismo de la vida social britanica. Le incanta la capacidad del legislador inglés para buscar con eficacia y compasion formulas para mejorar a los humildes y desvalidos”. Scrive un libro, “Los pobres y el Estado” che non arriverà al grande pubblico. Tuttavia non diventa un anglofilo come tanti stranieri del suo tempo. Nel 1913 giunge a scrivere che “Inglaterra se muere, de horror al pensamiento”. Troppo potente “una oligarquia plutocratica, ahena a todo otro ideal que el de conservar y aumentar su poder”.
Soprattutto si convince che non è il liberalismo a spiegare la superiorità anglosassone. Per un paio d’anni si è sentito liberale, per l’influsso di Croce; ma conclude “Estas dias ha muerto definitivamente nada meno que il liberalismo economico” (uno spunto in più, dico io, per accostarci al Nostro). Anche Maeztu è arrivato a considerare prioritaria la giustizia sociale rispetto
alla libertà dell’individuo. Addita un ‘libre socialismo’, e ancora il 9 luglio 1936, otto giorni prima dell’Alzamiento dei generali, rimprovera, egli personalità di destra, alla destra spagnola di restare “paralizada por el espiritu de clase y por un conservatismo sin generosidad”. La generosità è al cuore della proposta politica di quest’uomo: verso la fine della vita annunciava agli amici che lo attendeva il plotone d’esecuzione. Così fu.
Il Fraga Iribarne politologo cattedratico, non lo statista, caratterizza così il decennio decisivo della vita di Maeztu: “Al di là del liberalismo, quello nichilista come quello plutocratico, al di là del socialismo di Stato, Maeztu cerca affannosamente altro. Lo trova in un gruppo intellettuale britannico del quale finisce col diventare capo e maestro: il socialismo ‘gremialista’ (gremio=corporazione antica) o Guild Socialism”. Il gruppo pubblica ‘New Age’, “rivista di sinistra per eccellenza; però è profondamente religioso; elabora idee al livello più alto del tempo, superiore a quello della Fabian Society. Una delle conquiste intellettuali di “New Age” è il rifiuto dell’individualismo sfrenato, perché conduce al disastro sociale. La strada verso la Nuova Era non è il modernismo, ma un certo Medievalismo: Non è possibile parlare di società giusta senza cominciare dall’uomo morale”.
Gli uomini di “New Age” respingono la filosofia individualista e le altre scaturigini del liberalismo. Si volgono ad esplorare il passato, quel Medioevo fatto di società organiche e pluraliste. Dal rigetto del liberalismo essi non derivano conseguenze reazionarie. Non tentano di far rivivere il Medioevo; ma da esso vogliono imparare alcune verità”. Il Guild Socialism, rileva Fraga Iribarne, è la nuova base ideologica per una società funzionalista e giusta. Una nuova generazione di economisti, tra i quali J.M.Keynes, condivide le conseguenze etiche di questo nuovo pensiero. Altre idee-forza del Guild Socialism sono la critica del “puro poder del dinero” e della società acquisitiva; la ricerca di forme più giuste di distribuzione. Si parla anche di “distributismo”.
Ancora Fraga: “El socialismo guildista queria dar a los trabajadores non solo una cuota mayor de riqueza en el reparto, sino tambien participation y responsabilidad (…) Los gremialistas insistieron mucho que los sindicatos debìan participar en la direccion de la empresa”. Visto il vero e proprio trionfo della Mitbestimmung germanica, è evidente che il Guild Socialism fu pioniere di una concezione straordinariamente innovativa, rispetto alla vecchiaia e allo sfinimento del sindacalismo classista e conflittivo.
In Spagna era stato Primo de Rivera ad aprire la strada, e la politica del lavoro del franchismo aveva sì tarpato gli spunti innovativi del gremialismo e di Maeztu. Però Franco aveva rispettato una parte delle conquiste guildiste. La Francia invece, per responsabilità del sinistrismo, vide o volle il rigetto del riformismo lungimirante di Charles de Gaulle: egli fu ripudiato da un paese che in lui aveva apprezzato solo il nazionalista ‘chauvin’ e il decolonizzatore. Invece il Generale annunciava ai francesi i tempi nuovi della Troisieme voie e della participation, due opzioni fondamentali per il Terzo Millennio. Il Guild Socialism è Terza Via, è Partecipazione.
“E’ indubbia -scrive ancora Fraga Iribarne- la superiorità del grande libro di Maeztu, ‘La Crisis del Humanismo’, un saggio tra i più importanti del secolo XX su democrazia e socialismo, su quante analisi produssero in quel tempo sia i liberali, sia i socialisti di Inghilterra e di Spagna”.
Aiutare il futuro
E oggi, che senso può avere il Guild Socialism? Intanto è un’opzione che viene da destra, sfugge perciò alla Nemesi che quasi sempre uccide gli spunti e i tentativi della sinistra. Poi il Guild Socialism ci permette di rilanciare un concetto -il socialismo- che con i tradimenti, con la corruzione e con altri misfatti i politici socialisti avevano screditato all’estremo. Premettere ‘Guild’, quale che sia l’esatto suo tenore ideologico, vale quanto dichiarare contrapposizione rispetto a una fase recente di sconfitte e di disonore.
I tempi che si sono aperti, con le sfide della globalizzazione e il marasma dell’ipercapitalismo, esigeranno il ritorno a qualche scelta socialista; esigeranno il rilancio di una solidarietà esigente e dura. Quando il mondo di vecchia industrializzazione non produrrà quasi più nulla di essenziale e di ingente, quando offrirà al mercato quasi solo il lusso, il turismo elitario e le sofisticazioni finanziarie, sarà giocoforza redistribuire la ricchezza, se si vuole la povertà, attraverso gli ammortizzatori di massa, cioè l’avocazione dei redditi superiori, l’esilio dei renitenti, l’inevitabile compressione delle sfere individuali di libertà, la prevalenza del bene collettivo. Tutto ciò diverrà condizione di sopravvivenza, al di là della pace sociale. Occorrerà più disciplina, e il garantismo d’oggi sabota la disciplina.
In un’accezione più limitata, Guild Socialism è oggi la specifica proposta di aprire una sfera più o meno circoscritta di libera collettivizzazione. Dovrà nascere un settore organizzato su assiemi affini, ossia comunità, invece che su masse di individui. Su gilde appunto, o kibbuz, o confraternite, o comunità quasi conventuali. Uomini, donne, famiglie, aggregazioni più o meno ampie, le quali si associno accettando una ‘regola’: un patto che accentui le affinità ideali e assicuri la prevalenza del bene comune sulle istanze individuali. Una rete, dunque, di insiemi caratterizzati da una propria fisionomia e dalla comunità di ideali e oropositi. Nel Medio Evo le gilde erano rese compatte dal cemento religioso. Oggi i cementi non possono che essere plurali, compreso il mutuo interesse a svolgere lavori, a fare acquisti in comune, etc. La prevalenza di finalità collettive andrebbe premiata da esenzioni fiscali e da servizi che siano congeniali allo Stato e ad altre entità pubbliche.
Il fine pratico principale delle gilde risulterebbe la solidarietà e il mutuo soccorso, mettendo in comune, anche parzialmente, i redditi e le opportunità. La nostra società esigerà la resurrezione di forme antiche di solidarietà, quando il benessere e l’occupazione scemeranno al punto di cambiarci la vita.
A.M.Calderazzi