IL PENTAGONO CANNIBALIZZA LA SPESA USA. CHE MALE C’E?

Niall Ferguson, un opinionista appassionato fautore della supremazia americana, ha inteso cartografare l’orrore del ‘New Isolationalism’: ha elencato gli aspiranti repubblicani alla Casa Bianca che vorrebbero tirare i remi in barca, che cioè condividono il sentimento sempre più diffuso, Bring the Troops Home. Per Ferguson, scandalizzato, “the consensus on this point verges on the supernatural”.

Ecco il catalogo dei traditori. Primo il front-runner del GOP Mitt Romney, cui Ferguson non perdona quello che chiama il lapsus freudiano di avere una volta auspicato di consegnare l’Afghanistan ‘ai talebani’, invece che agli afghani. Viene poi l’aspirante Ron Paul, reo secondo Ferguson di volere anche il ritiro dall’Irak, di avere rifiutato un intervento americano in Libia, di chiedere la fine dei bombardamenti su Yemen e Pakistan. Pure la candidata Michele Bachmann, regina del Tea Party, secondo Ferguson bestemmia: ‘In Libia non siamo stati né attaccati, né minacciati’.  Anche Newt Gingrich, già Speaker della Camera dei Rappresentanti, attenta alla gloria dell’America: “Ai nostri generali ordinerei il ritiro al più presto possibile”.

Solo gli aspiranti Tim Pawlenty e Rick Santorum hanno dato segni di ricordare ‘che siamo in Afghanistan perché lì Al Qaeda organizzò il colpo dell’11 Settembre. Ma nemmeno essi si oppongono con decisione al punto di vista dei più: L’America deve ritirare le truppe perché, nelle parole di Ron Paul, <risparmierebbe centinaia di miliardi di dollari>. Persino lo speranzoso ultimo arrivato, Jon Huntsman, si è associato alla posizione di Ron Paul.

“Welcome to the brave new world of isolationism, the theory -deplora Ferguson- that strategic calculation takes second place to nasty fiscal arithmetic”. Non ci sono limiti all’arrendevolezza di fronte alla Nasty Arithmetic: “L’ex segretario di Stato James Baker prevede che in meno di dieci anni gli interessi sul debito federale potrebbero superare le spese militari”: un sacrilegio. “Si è persino calcolato in sede ufficiale che, riducendo nel 2015 le truppe di pronto impiego a soli 45 mila uomini e donne, si risparmierebbero oltre 400 miliardi di dollari in cinque anni”. Altro orrore.

Ad ogni modo “è falso che le guerre di Bush siano la causa principale del dissesto finanziario in atto. Nel 2010 il bilancio della Difesa fu pari al 4,7% del Pil”. Ma, esclama trionfante Ferguson, “la Social Security più Medicare più Medicaid volle il 10,3%”. Che infamia: l’intera spesa sociale di una nazione di 300 e più milioni esige il doppio abbondante del Pentagono! Sentenzia, duro, Ferguson: “Non è la spesa militare che sta portando l’America  alla bancarotta. Sono le pensioni e gli altri costi del boom demografico”.

Per il Nostro, il responsabile-in-chief è Obama: entro l’estate prossima, 30 mila guerrieri in meno nell’Afghanistan. “The surge is over. This is not a declaration of victory. It is a declaration of bankrupcy”. Peggio ancora: “un alto esponente dell’Amministrazione ha ammesso che spendere tanto in Irak e Afghanistan <cannibalizza troppo la spesa pubblica>”. Mai quelli come Ferguson avrebbero immaginato una fine così dolorosa del regno degli USA sull’orbe terracqueo.

Tutti sanno che l’economia americana non regge più allo sforzo del bilancio bellico più gigantesco della storia. Quelli come Ferguson hanno scoperto di chi è la colpa: ‘the baby boomers who retire’.

Anthony Cobeinsey