CONCHITA, PREFICA DEL SOCIALISMO ‘MAGICO’

Giornate quasi luttuose, agosto 2011, per lo Stivale, per l’Occidente, per il Mercato, eccetera. Ma gli Dei benigni ci donano una parentesi lieta, il mesto articolo “Adios Zapatero. Sogno infranto” di Conchita De Gregorio (Repubblica). Spiega il sommario: ‘Errori e crisi economica hanno infranto il sogno del socialismo magico’.

Non rinunciamo ad additare a titolo preliminare la deliziosa, femminea immagine del socialismo ‘magico’. Non avrebbe saputo dir meglio Sibilla Aleramo. Oppure quel dolce affabulatore, estremista lirico con judicio, rivoluzionario estatico per signora, che è il governatore di Apulia ridens. In tempi di degrado profondo del nome Socialismo, chiamarlo magico è un altro e lene modo per dire Non socialismo o De cuius socialismo. Sono però possibili altre accezioni: Socialismo vezzoso, delle bambole, del Lsd, della cipria o del mascara, e così via.

Unico dubbio: che c’era di propriamente magico, vezzoso ecc. nella partitocrazia PSOE: signori delle tessere, auto blu, giochi correntizi, tangenti, elettoralismi spinti, e così via? Direte, sono così i conservatori del Partido Popular, e ogni altro partito del mondo libero. Giusto. Ma allora perché non parlare anche di liberalismo magico, reazionarismo magico, cleptocrazia magica?

“Sogno infranto” è lettura euforizzante per chi, come me, per sette anni è andato chiedendosi perché Zapatero e la sua compagine operavano come operavano. Perché pensavano di imporre a una nazione orgogliosa, straricca di retaggio, memore dei guasti repubblicani e dei drammi della Guerra civile, un corso accelerato e obbligatorio di dottrina trasgressiva, progressista ma non proletaria, soprattutto anticlericale e iconoclasta. Manuel Azana e una parte degli intellettuali che con lui avevano deposto re Alfonso XIII e proclamato la repubblica tentarono la stessa operazione iperlaicista e giacobino-borghese. La congiuntura politica e la malattia sociale, con la tentazione rivoluzionaria dei socialisti e degli anarchici, scatenarono subito la violenza: incendi di chiese, assassinii, controviolenze della destra fascisteggiante; finché esplose la Guerra civile.

Nel 1919, crollato l’impero guglielmino, lo scrittore spartachista Kurt Eisner aveva provato ad instaurare una repubblica dei soviet nel più conservatore dei Laender, la Baviera cattolica. Lì la temerarietà dell’impresa fu messa a nudo immediatamente: l’immensa forza di un esercito mai sconfitto ebbe ragione in pochi giorni del tentativo rivoluzionario. Eisner fu assassinato.

Azana, il modello di Zapatero, non era né rivoluzionario né marxista; tra il 1931 e il ’36 ebbe il torto di indulgere sulle violenze anarchiche, di atteggiarsi a fazioso, soprattutto di non affrontare se non svogliatamente una riforma agraria che aveva l’obbligo di considerare sacrosanta. Mise una veemenza acre nell’assalire le tradizioni religiose: ‘La Spagna ha cessato d’essere cattolica’ proclamò. Sorprendentemente Zapatero ha creduto di potere riprendere l’opera di Azana, il più sconfitto degli statisti, finito a piedi in una marea di fuggiaschi che cercavano di riparare in Francia.

Conchita De Gregorio non si dà pace: “Una cosa inconcepibile, contro le ragioni del tempo. Come se i nonni ereditassero il paese dai nipoti. Ci abbiamo provato, abbiamo perduto. E’ stata una lunga allegria, poi una lunga agonia. Non bisognerebbe mai illudersi. Rajoy, l’erede di Fraga, potrebbe trovare un varco nel disorientamento del paese, nella disillusione (…) Zp aveva 40 anni -veramente ne aveva 43. Che tocco delicato, togliere anni a un maschio; il quale peraltro, per aver voluto tante donne nel governo, si è quasi amalgamato ad esse, perciò meritando da Conchita tre anni di extra giovinezza- quando è arrivato al governo promettendo la rivoluzione gentile, il sogno, la cimosa che cancella la lavagna e la lascia vuota per chi ha coraggio e talento, le donne, i giovani, la nuova Spagna”. Il rimpianto acre di Conchita va alla legge d’eccezione contro la violenza maschilista, al divorzio rapido, all’aborto delle minorenni, al matrimonio gay and lesbian, ai baci in bocca tra efebi in canottiera ciclamino. Peraltro la sacerdotessa del socialismo magico ha l’aria di insinuare che sarebbe stato giusto uno Zp acclamato alla testa sia degli Indignados, sia della nuova rivolta del paese. Tacendo che sia gli Indignados sia il paese si rivoltavano, per cominciare, contro chi era al governo da sette anni.

Ma ecco l’analisi politica, senza sconti, al posto dell’elegia: “Zp ha creduto davvero di poter fare da solo (per poi) piegarsi alle ragioni della grande finanza. La rivolta giovanile sta riconsegnando il paese ai 60enni, 70enni, un paradosso. Per sette anni la Spagna e il mondo hanno conosciuto il socialismo magico, un sortilegio per cui all’improvviso la Spagna non aveva paura a sfidare il Papa con la legge sul matrimonio tra omosessuali, a sfidare la cultura cattolica, il machismo, l’ordine sociale fondato sul buon padre di famiglia e sul franchismo ancora sotto traccia (…) Un paese così diventa il posto dove il Codice penale è più severo con gli uomini violenti che con le donne, pazienza per la Costituzione, si tratta di parità sostanziale”. Pazienza per la Costituzione…

Singhiozza la Prèfica: “Quella notte che Zp vinse le elezioni Madrid impazzì di felicità (…) Ma la Chiesa ha portato in piazza le moltitudini, la Spagna è Opus Dei, è le signore con le perle vestite di marrone, madri di otto figli. ‘Il problema è stato aver chiamato matrimonio le nozze gay’ mi disse allora il vescovo di Valencia. Ma Zp, l’uomo dagli occhi di Bambi, rispose l’AMORE NON CONOSCE REGOLE (…) Il socialismo magico dava guerra al clero e gli spagnoli, i nipoti del franchismo, erano lì (…) E’ nella seconda legislatura, cominciata nel 2008, che Bambi diventa Mr Bean. L’ingenuità infantile è diventata difetto senile. La straordinaria campagna ostile di Cadena Cope, potente radio dei vescovi, ha condotto l’opposizione che la destra non riusciva a fare (…) Socialista nei criteri di spesa, conservatore nei criteri di entrata, Zp promuoveva leggi sulla Memoria storica, abbatteva le statue del franchismo e intanto il fiume carsico dell’antica destra era lì che scorreva e aspettava. Il giorno fatale è stato il 15 maggio 2010 quando la Cee, il Fmi, i grandi poteri economici hanno preteso e ottenuto che il socialismo magico smettesse di giocare con la realtà. Tagli pesantissimi, fine dello Stato sociale, testa china alle banche. Fine del socialismo dei cittadini. Inizio di Mr Bean. I vecchi signori delle tessere hanno ricominciato a lavorare nell’ombra, lasciandolo giocare ancora un po’ col suo femminismo, con la sua ingenuità già sconfitta (…) Ha dovuto ritirarsi per la richiesta delle banche. Il veliero del tempo è fermo, prua al vento. Socialismo del popolo arrivederci. Zapatero, adios”.

Finisce qui il lamento per l’Eroe caduto, femminista (l’eroe) quasi al punto dell’androginia, anello d’unione tra laicismo e amore che non conosce regole. Per carità progressista Conchita non fa che un accenno alla circostanza che la Spagna di Zp si era data senza ritegno al turbocapitalismo. E, sempre per carità progressista, nessun rimprovero allo Zp che prese a modello Manuel Azana. Come sappiamo, Azana mise tutto il suo talento a combattere preti e suore, ma dei braccianti e degli altri proletari non si curò, perciò essi si dettero a quel ribellismo anarchico che egli Azana, l’intellettuale radical-benestante, detestava.

Zapatero e Azana si immolarono nell’asserzione di cause di minoranza, contro i sentimenti della gente. Che guastatori intrepidi, caduti nella lotta. Ma che dolce consolazione, i singhiozzi della Prèfica!

A M Calderazzi