Un editoriale recente di G. Galli della Loggia ha descritto così l’errore che ha perduto il comunismo sovietico: non l’oppressione e il terrore ma “il credere che nel mondo ci fosse spazio per qualcosa di diverso dal capitalismo. Se l’Urss avesse mantenuto i Gulag e il Kgb ma lasciato perdere l’abolizione della proprietà privata, la bandiera rossa sventolerebbe ancora sul Cremlino”. Intanto non è vero che il mondo sia condannato senza remissione al capitalismo; e non è sicuro che il comunismo sovietico sarebbe caduto anche se non avesse praticato il terrore.
Ad ogni modo, stando alla logica del Nostro, il comunismo cinese -che non appare intento a ‘trovare spazio per qualcosa di diverso dal capitalismo’- non dovrebbe finire male. Eppure Galli della Loggia denuncia con asprezza l’oppressione praticata dal “comunismo di mercato” di Pechino. Essa non serve, di fatto, ai fini di quella sopravvivenza di cui i sovietici, arroganti ma ingenui, non sono stati capaci?
Sempre negli scorsi giorni Piero Ostellino ha lamentato che la crisi del berlusconismo stia producendo anche la tacita espulsione del pensiero liberale dal linguaggio politico e giornalistico (ma il berlusconismo, chiediamo, non è anche riproposta liberista-liberale?). Ad ogni modo, secondo Ostellino, dopo il tragico secolo dei totalitarismi i principi e i comportamenti liberali dovrebbero essere recepiti dalla storia una volta per tutte; invece “ci si vuole prendere la rivincita su un pensiero al quale si devono le libertà e il progresso di cui godiamo. Si vuole azzerare tutto per ricominciare da capo con una regressione nella teologia (sociale ed economica) medievale”.
Bravo Ostellino: senza volerlo ci addita la via. Se ciò che abbiamo avuto per tre secoli è stato un procedere verso queste libertà e questo progresso, meglio invertire la marcia, meglio riscoprire il Medioevo come fece, impetuosamente e con risultati grandiosi, il Romanticismo. Non c’è bisogno di dimostrare che la modernità non è tutta valore, tutta ascensione verso l’alto. Per non atrofizzarsi, i fori interiori, le coscienze, hanno bisogno ad intermittenza di ripiegamenti, di ritorni al passato. Poco male se il moto trisecolare verso il ‘progresso’ qua e là si ferma.
Teologia medievale, biasima Ostellino. Why not. Il Medioevo fu una delle grandi età dell’uomo, vissuta da menti pari alla sua, alla nostra. Altrettanta luce d’intelligenza quanta oggi. E veniamo al punto: fu ‘teologia medievale’ il comunitarismo, egualitario disciplinato e solidale, fiorito nei cenobi a partire da poco meno di un millennio e mezzo fa. La regola monastica faceva gli uomini eguali. Tutti mangiavano, indossavano, godevano o subivano ciò che passava il convento.
L’insopportabile mondo in cui viviamo, il mondo che idolatra il denaro, il successo, i consumi e le diseguaglianze che denaro successo e consumi generano, avrebbe giusto bisogno di un immenso lavacro, di un ideale ritorno alla ‘teologia medievale’ di Ostellino. La salvezza è una cosa seria. Senza salvezza, per definizione, c’è la fine. Se il futuro immaginabile ha più promesse per le macchine, per il Web e per il denaro che per l’uomo, come non cercare nel passato?
I divari nelle condizioni diventano baratri. E’ certo che nessuno dei valori moderni può ridurli: i giochi del capitalismo e della modernità hanno regolamenti inflessibili; il comunismo è mancato a tutte le sue promesse. Dunque il solidarismo dei monaci medievali, un collettivismo estremo ma libero, è -con buona pace degli ultimi liberali- un paradigma ideale per il nostro tempo. In purezza irraggiungibile, ma prezioso come modello e come lievito. Inoltre, risultate vane e anche ridicole le lotte del sindacalismo antagonista, riemerge vendicato l’ipervilipeso corporativismo fondato sugli organismi d’arbitrato nei quali padroni e operai sono pari.
Recuperare alcune creazioni del passato è il solo antidoto al veleno ipercapitalista; altri non se ne conoscono. La redenzione di un capitalismo che si fa sempre più illogico e torbido verrà dal ripensamento di categorie che credevamo confutate dal Rinascimento edonista e dall’Illuminismo dei cinici.
Non sarà regressione, la riscoperta della “teologia medievale”. Sarà avanzamento e salvezza. Regressione sarà rassegnarci al pensiero e alle pratiche di un turbocapitalismo fatto di miserabili Suv per gli intonachisti, di supercompensi pari a interi Pil subsahariani per gli alti manager, tanto spesso artefici di fiaschi.
Il denaro si è fatto dominus di tutto, ma molte altre signorie e dominazioni sono cadute. Potrà cadere anche questa che uccide l’anima. Il sistema -gli idoli del capitalismo- attende una bonifica integrale alla Agro Pontino, per la quale le formule moderne non esistono. Esistono alcune -sobrietà, condivisione, volontariato caritatevole- finora oggetto di scherno in quanto inventate nel Medioevo, e dunque né laiche né progressiste.
l’Ussita