Dicono sia stata Parigi a trascinare Londra, più una Washington perplessa, e persino il marziale Consiglio supremo di difesa al Quirinale, nella semicrociata contro la Libia. E da mesi ci chiediamo il perché di questa avventura strampalata, priva persino delle motivazioni imperialistiche accertate per le imprese nell’Irak e nell’Afghanistan. Che è venuto in mente ai generali dell’Eliseo, troppo buro-manager per aver vinto vere battaglie ma ambiziosi di glorie mediterranee quanto il loro Principe?
Le analisi sugli idrocarburi di Gheddafi e sugli scenari della geopolitica seriosa le lascio ad altri. Io sono convinto che i francesi non sono pienamente guariti dalla malattia ereditaria che li portò più volte vicino alla tomba: la variante guerrafondaia del patriottismo. Charles de Gaulle, grande clinico più che generale, riuscì quasi a guarire i suoi compatrioti col placebo della Grandeur (=falso farmaco che copriva una terapia affatto diversa: liquidazione dell’Empire, Algeria compresa; conciliazione definitiva col ‘nemico ereditario’ al di là del Reno; ruolo comprimario nel solo ambito brussellese). Il professor de Gaulle sconfisse la malattia, senza poterne eliminare le ultime, quasi innocue, cellule maligne. Rimaste quiescenti, di tanto in tanto si attivano, ma è naturale non preoccupino troppo.
La malattia essendo una mutazione del patriottismo, non cominciò con le glorie militari di Luigi XIV. A quell’epoca non si era patriottici, contava la casa regnante non la patria; e poi le troppe vittorie spossarono il primo sovrano d’Europa al punto di dover implorare per anni, restituendo quasi tutto il conquistato, la pace di Utrecht.
No, la malattia del patriottismo di guerra cominciò con la smagliante vittoria della Repubblica a Valmy, seguita da Jemappes, le quali poi generarono i trionfi dell’irresistibile Corso. Valmy è il sinistro batterio che ogni tanto si risveglia; oggi ‘arma’ gli implausibili missili di Sarkosy. Quanta storia sarebbe diversa (=migliore) se a Valmy avesse vinto il duca di Brunswick invece che i francesi Kellermann e Dumouriez. L’anno orribile per la Francia fu il 1870: quel che contava della nazione e in più la borghesia bottegaia credettero ciecamente ai marescialli e ai ciambellani i quali millantarono che l’armata francese era tornata invincibile. Un dubbioso Napoleone III fu costretto alla guerra contro Bismarck, conseguendo la disfatta quasi immediata a Sedan e la fine del proprio impero.
La perdita di Alsazia e Lorena fu la ganascia che imprigionò la Francia nel patriottismo revanscista. Esso si impose nel 1914-18 con una strage da un milione e mezzo di morti solo francesi -di fatto un plurimo genocidio- più la concatenazione a un secondo conflitto mondiale. Gli storici militari considerano la sconfitta francese del maggio 1940 la più grave in assoluto. Il tribunale di Norimberga avrebbe dovuto sentenziare anche sui responsabili del 1914, i quali non erano solo a Vienna e a Berlino: anche, forse soprattutto a Parigi, in subordine a Pietroburgo e a Londra, seguite dalle capitali satelliti Roma, Belgrado, Bucarest, Lisbona, altre.
Alla Libération del 1944 seguì il diciottennio delle illusioni riesumate: che i carri armati (americani) di Leclerc avessero preso Parigi; che le armi potessero tenere il Levante -Churchill intimò a de Gaulle, allora debolissimo, “se insisti te la vedrai con la potenza dell’VIII Armata”-, più ancora che potessero conservare il Nord Africa (l’Algeria!) e l’Indocina; che il duo Mollet-Eden vincesse a Suez (1956). Oggi il duo Sarko-Cameron tenta Suez Due, ma è certo che l’eventuale ‘vittoria’ su Tripoli avrà molti padri, anche più virili dei piloti Nato.
Le belluine missioni che stanno uccidendo i libici perché i superstiti si ritrovino democratici e progressisti risalgono, al di là della falsa vittoria del ’56 sull’Egitto, all’ebbrezza di Valmy, ai voli delle aquile napoleoniche, all’aritmetica sbagliata dei fatui marescialli del 1870, al delirio sciovinista del 1914, al rassegnato patriottismo di massa del 1939.
Chissà se il successore di Sarko il Tripolino ucciderà le cellule bellicistiche che sfuggirono al chirurgo de Gaulle, di cui i francesi fecero male a sbarazzarsi nel 1969.
Anthony Cobeinsy