Uno sentiva avversione d’istinto per EXPO 2015, ossia per il disegno di esaltare (nei fatti non nelle belle intenzioni) ciò che negli ultimi decenni ha tolto l’anima a Milano: dall’iperfinanza alla moda allo sport deteriore. Milano era e non è più capitale morale (=da amare). Oggi Milano la si accetta di necessità, la si usa, la si truffa persino, ma la si ama solo per alcuni caratteri che la contemporaneità nega o deprime.
Poi uno apprende ragioni d’altra natura, più concreta, per contestare EXPO, e le apprende da un addetto al lavoro architettonico-urbanistico il quale nella campagna elettorale si era fatto uno degli attivisti del rinnovamento a Milano, Jacopo Gardella. Egli porta avanti il retaggio di quattro generazioni di architetti Gardella precedenti la propria. Cominciò un Ignazio nato nel 1803 (ma suo nonno, omonimo, era stato sindaco di Arquata Scrivia nel Settecento). Seguirono Jacopo, Arnaldo e Ignazio (1905-99), quest’ultimo importante innovatore del razionalismo italiano e al tempo stesso uno degli anticipatori del postmoderno. Oggi Jacopo figlio di Ignazio ha ribadito contro EXPO, in un articolo su “Repubblica/Milano”, alcuni dei concetti che hanno per anni materiato il suo insegnamento al Politecnico di Milano. In particolare ha argomentato che i problemi di EXPO sono insolubili e che l’esito finale sarà il fallimento.
Il Gardella dei nostri giorni, disapprovando il corso e lo stile della gestione di Letizia Brichetto Arnaboldi in Moratti, è stato tra gli sponsor del trionfo di Giuliano Pisapia a Milano. Ma ha scritto che Pisapia avrebbe dovuto dare prova di saggezza rinunciando ad EXPO. Le responsabilità sono della passata Amministrazione “ma lo scorno dell’insuccesso, ormai inevitabile per la ristrettezza dei tempi, cadrà sulle spalle di Pisapia. L’EXPO sarà un pletorico baraccone, vuoto di sostanza. Nessun serio studio è stato già avviato e non potrà esserlo nel poco tempo restante (…) I soldi stanziati verranno spartiti tra astuti protagonisti, pronti a spenderli in opere effimere e appariscenti, utili soprattutto ai loro interessi. Niente sarà fatto per migliorare Milano, nulla verrà intrapreso di duraturo e sostanziale per favorire il futuro destino della nostra città”. Invece di una operazione “seria, costruttiva, utile” , sarà una ‘avventura suicida’.
Per Jacopo Gardella, l’Assessore all’EXPO non dovrebbe disperdere tempo ed energie in un’operazione destinata al naufragio. Dovrebbe invece concentrarsi su Cultura, Arte e Spettacolo, di cui la città ha grande bisogno e “da cui trarrà maggiore beneficio di quanto non possa offrirne una raffazzonata Esposizione già zoppa in partenza”.
Insomma si poteva pensare che contro EXPO militassero soprattutto ragioni ideali, cioè inevitabilmente vaghe e indistinte. Jacopo Gardella resta sul fattuale: l’esposizione è stata impostata attorno a un tema implausibile, l’incremento della ‘energia per la vita’. Ma se si volesse correggere l’impostazione, mancherebbe il tempo.
Jone