La nostra essendo nata come infelice repubblica dei partiti, non ha un partito che non sia usurpatore e ladro. Ma delle differenze esistono. Il Partito democratico è un po’ meno stomachevole di quello della Libertà. Presto o tardi il Pd tornerà al governo e, secondo ogni previsione, farà opere solo poco meno spregevoli di quelle di Silvio e Cicchitto.
Questa maledizione potrebbe esorcizzarla se avesse il coraggio di una rivoluzione copernicana. Se ripudiasse se stesso, se diventasse un’altra cosa. Se Bersani, un po’ migliore dei suoi pari, si abbassasse da leader, sia pure burocratico, a gestore amministrativo; e con lui si abbassasse o sparisse l’intero gruppo dirigente. A quel punto il Pd si reinventerebbe, butterebbe le zimarre via via indossate: la ex-marxista, la socialdemocratica cioè filocapitalista e atlantica, la liberista alla Blair, la girotondista, la zapaterista dei ‘diritti’ dimentichi dei poveri e di ogni idealità socialista.
Se facesse come Copernico (o come Lutero) il Pd si libererebbe dell’obbligo di amare tutto del mercato, di fare le guerre di Washington, d’essere indistinguibile dall’avversario plutocratico. Si approprierebbe della vocazione di forza innovatrice ma non impastoiata a sinistra. L’appartenenza di sinistra fa vincere qualche elezione, riempie alcune piazze, però imprigiona in una camicia di forza, anzi di Nesso (quella camicia che, intinta nel sangue avvelenato del centauro Nesso, Deianira figlia di un re fece per tragico errore indossare ad Ercole suo sposo; Ercole ne morì, la vedova si tolse la vita).
Il Pd, cambiando o no di nome, dovrebbe svoltare verso l’azione, fare scelte rivoluzionarie. Accettare la decrescita ‘felice’ invece che spasimare per il Pil, visto che l’ossessione dello sviluppo ci ha portato dove siamo. Con la decrescita bisognerà assicurare la sussistenza a enne volte più disoccupati, e a tal fine bisognerà sia dimezzare la spesa pubblica attuale, sia tassare gli abbienti, prima di tutto con le patrimoniali e i gravami sul lusso, fino a sfiorare l’avocazione. Poiché i capitali fuggiranno si dovranno mandare in esilio i loro proprietari, confiscando quanto questi ultimi non potranno portare con sé. Per dimezzare la spesa attuale e dilatarne una nuova occorrerà, oltre ai tagli orizzontali, la quasi cancellazione di certi bilanci -militari, diplomatici, di prestigio, futili o non essenziali- nonché dei costi stessi della politica. Bisognerà uscire dal Patto Atlantico e, se necessario, persino dall’Unione Europea.
Questi ed altri atti rivoluzionari non saranno mai, lo insegna la storia moderna, alla portata di un’organizzazione di sinistra. Per sfasciare gli assetti più turpi il Pd non dovrà far parte della sinistra. Dovrà essere tutt’uno col grosso della nazione. Ecco perché gli converrà darsi una leadership non derivata dal marxismo.
Da noi la sola forza non marxista e non liberista è quella che si ispira al cristianesimo sociale, dunque il Pd copernicano farà bene a scegliersi un capo cattolico -non un ex-democristiano- libero dalla gerarchia ma capace di mettere a frutto quella grossa risorsa che è il cattolicesimo organizzato. La Chiesa istituzionale potrebbe avere motivi per cooperare: non ci sono i porporati alla Tettamanzi? Certo, una parziale alleanza per la giustizia richiederà un papa lungimirante non solo nella fede, anche nella politica. Se egli mancherà, il cattolicesimo sociale farà a meno della Chiesa.
Il Pd della rottura dovrebbe scartare i suoi notabili, tranne qualche giovane che si sia credibilmente ravveduto. Se il partito non spetta agli ex-marxisti e nemmeno ai laicisti, la cosa giusta sarà cercare in un convento di montagna un frate trentenne il quale si senta figlio di Girolamo Savonarola, prima impiccato e arso, poi santo. Un trentenne che sogni di emularne la gloria fiorentina di nemico dell’idolatria capitalista, edonista, consumista. E di odiatore dell’infame gerarchia rinascimentale.
Un normale esponente Pd non andrà mai all’assalto di ciò che ci opprime: mille parlamentari quando duecento basterebbero; centinaia di migliaia di mestieranti delle urne in ogni angolo dello Stivale; costi e saccheggi della politica bene esemplificati dallo sfarzo del Quirinale. Un frate implacabile (e senza parenti da sistemare) come l’aspro priore di San Marco, andrebbe alla guerra contro il male. Il migliore dei personaggi che conosciamo del Pd, no.
Verosimilmente non accadrà nulla di tutto ciò. Il Partito democratico resterà vecchio e tolemaico (è Copernico che sbaglia). Vinta questa o quella elezione, il Pd governerà un po’ nell’infingardaggine e tra gli avvisi di garanzia, poi finirà come le altre socialdemocrazie Craxi/Blair/Brown/Zapatero.
A. M. Calderazzi