La crociata contro la Libia o l’uccisione di Osama bin Laden (coi comici cori di giubilo intonati nei tinelli americani) non devono distrarre dalle terribili realtà dei popoli troppo numerosi e troppo poveri. In questo senso sono da meditare le riflessioni di P.G. Donini, accreditato studioso dell’Islam: “Il fallimento dei modelli tutti di genesi straniera, tutti elaborati da intellettuali reduci da scuole dell’Occidente, lasciava automaticamente spazio all’unica alternativa rimasta: l’Islam come ideologia di giustizia e modello d’organizzazione delle società”. In un libro Il mondo islamico pubblicato da Laterza nel 2003, Donini chiamava per nome tali modelli tutti stranieri, tutti falliti: “Illuminismo, liberalismo, marxismo, lotta di classe, gestione della risorsa petrolio, American way of life”. E precisava: “L’eclissi di partiti, movimenti e modelli laici a vantaggio di un’interpretazione islamica del mondo e della storia è all’origine del proliferare di movimenti chiamati in Occidente integralisti e fondamentalisti. Sarebbe più giusto definirli di islamizzazione o re-islamizzazione”.
Concetti come questo aiutano a capire perché nell’autorevole libro che citiamo ci sia poco spazio per gli imperativi di democrazia, libertà e diritti umani, che crediamo di assegnare alla rivoluzione araba. Il Donini spiega la rimonta dell’Islam con la centralità della questione sociale: nessuna delle nostre ideologie, non in particolare il marxismo e il capitalismo, sa dare pane e giustizia a centinaia di milioni di credenti o semicredenti. Invece, all’atto pratico e nonostante secoli di inosservanza e di tradimenti, è più credibile uno dei pilastri dell’Islam, l’elemosina: “non un atto volontario di carità ma un vero e proprio obbligo giuridico (…) il riconoscimento di un diritto che i poveri hanno sui beni di chi sta meglio di loro. (…) Il ripristino totale del dovere dell’elemosina, più spesso violato che rispettato dai ricchi e dai potenti, è tra le rivendicazioni dei movimenti di militanza islamica”.
Ancora: “Se il cristianesimo si può definire la religione dell’amore per il prossimo, l’Islam va considerato la religione della giustizia”. Se, argomenta Donini, i Fratelli Musulmani negli anni Venti del Novecento rappresentarono una svolta, e oggi grandeggiano nelle prospettive, è perché alle parole d’ordine del nazionalismo sostituirono quelle di natura islamica, espresse dai bisogni reali del popolo. Contro l’inefficace riformismo dei ceti alti e degli occidentalizzanti i Fratelli Musulmani predicarono i valori tradizionali, che la rivoluzione araba di oggi verosimilmente riscopre. Forse che le masse dellì’esplosione demografica possono curarsi di Adam Smith e di Marx? Il fondamentalismo ha allargato il fossato tra le classi medio-alte, che aspirano all’ occidentalizzazione, e le masse sulle quali l’estremismo religioso esercita una presa crescente.
Altro giudizio: l’unica alternativa ai Fratelli Musulmani è stata spazzata via, “sconfitta più dagli errori commessi a Mosca e nelle segreterie dei vari partiti comunisti dei paesi arabi che dalla vittoria degli Stati Uniti nella guerra fredda”.
Logico per Donini il collegamento con situazioni specifiche come quella dell’Algeria. Lì le tensioni cruente che l’hanno attraversata a partire dall’ottobre 1988 vennero classificate come fanatismo religioso. E invece sono state la risposta del popolo alla mancanza di lavoro, alla corruzione imperante nel partito di regime, “autolegittimatosi come protagonista della lotta di liberazione” . La rivolta del 1988 “scoppiò un’estate che interi quartieri rimasero senz’acqua, mentre i rampolli della nomenklatura sguazzavano nelle piscine dei quartieri alti. Non furono gli strateghi e i tattici del Fronte islamico di salvezza a far esplodere la protesta. Esplose spontanea”.
A questo punto, rileva il Donini, “L’esperimento tentato in Iran intendeva dimostrare che esiste una via islamico allo sviluppo (…) Khomeini si proponeva di costruire una società più egualitaria, più amica dei diseredati, capace di moderare i consumi, combattere gli sprechi e ripartire più equamente le risorse, in particolare attraverso l’elemosina canonica (…) L’Iran continua a rappresentare per la maggior parte dei musulmani un esempio esaltante”. Laddove, constatiamo noi (ma di fatto anche Donini), l’Occidente crede di poter condannare il khomeinismo come pura e semplice aberrazione.
I gruppi al potere nei paesi arabi derivavano la loro legittimità dalle antiche vittorie contro il colonialismo. Oggi hanno perduto tale legittimità, visto che ai loro popoli hanno dato troppo poco: hanno dato gli orpelli del prestigio nazionale, il vuoto vanto della sovranità e molti altri falsi conseguimenti: Oggi che la sfida è il pane, o se si preferisce un principio di benessere, falsi risultano i traguardi additati salla mentalità occidentale: libere elezioni, democrazia, diritti, svilimento dei valori antichi, progresso, trasgressione. E’ certamente centrata l’obiezione dell’esecrato ayatollah Khomeini: “E’ forse mandando in parlamento quattro donne che si consegue il progresso?”
Donini: ”Al contrario di quanto si pensa in Occidente, l’Islam è profondamente democratico, ma è anche profondamente restio ad occuparsi di politica (…) Più che affermare che al mondo islamico questa materia “sfugge” affermerei “non interessa”. All’Islam interessa una sola categoria: praticare l’Islam. Come sappiamo, l’Islam non è solo fede religiosa. La fine delle ideologie occidentali ha dato una rilevanza inedita ai fattori etnico-religiosi”.
l’Ussita