E di cosa lascia indietro
Qualche anno fa, viaggiando in Norvegia con la famiglia, mi capitò di dimenticare del denaro allo sportello di un piccolo ufficio postale dove lo avevo cambiato; un somma non ingente ma neanche disprezzabile. Me ne accorsi solo dopo avere percorso un centinaio e passa di chilometri ed essermi nuovamente fermato per quale motivo. Che fare? Ebbi fortunatamente la buona idea di rivolgermi ad un altro ufficio postale di paese, il cui impiegato telefonò all’istante al collega del precedente e dieci minuti più tardi, con mia indicibile meraviglia oltre che compiacimento, mi versò la somma in questione; per di più, se ricordo bene, senza neanche chiedermi un documento di identità.
Lascio immaginare ad un eventuale lettore quali sviluppi avrebbe avuto in Italia un caso del genere. Mi limito a segnalare che da almeno dieci anni attendo una qualsiasi risposta ad una formale richiesta di restituzione di una somma erroneamente versata con bollettino di conto corrente postale duplicando un pagamento già effettuato. O che ho dovuto rinunciare all’abbonamento ad un quotidiano perché spesso arrivava uno o due giorni dopo oppure non arrivava affatto, e anche quando andava bene mi conveniva prelevarlo personalmente in posta.
E’ vero che nel frattempo le nostre vecchie Poste e telegrafi sono diventate, grazie anche all’avvento della Rete, più una banca d’affari che altro e non hanno più tempo da perdere per le quisquilie; d’altronde, l’artefice di questa mirabolante trasformazione è meritatamente passato a dirigere la prima (o seconda) banca nazionale.
Ma parliamo di banche, allora. Giorni fa mi sono recato nella vicina (per me) Svizzera per ottenere la chiusura di un conticino, inattivo e quasi vuoto da vari anni, che detenevo presso la maggiore banca elvetica. Anche in questo caso l’operazione ha richiesto una diecina di minuti, e non solo è avvenuta a titolo gratuito ma mi sono stati versati i pochi franchi residui che pensavo sarebbero stati trattenuti a pagamento di una nuova imposta già in vigore sui depositi stranieri inferiori ad una certa cifra.
Confronti? Mia figlia attende da oltre un anno, invano malgrado ripetute sollecitazioni, la chiusura di un conto, di dimensioni sempre modeste e mai molto movimentato, presso una banca del profondo nord, pur avendone nel frattempo aperto un altro nella stessa agenzia. La quale, oltre a non fornire spiegazioni plausibili, non esita ad esigere versamenti atti a mantenere il conto in attivo per evitare denunce penali e, presumo, coprire spese di tenuta e interessi passivi che intanto continuano tranquillamente ad accumularsi.
Un’esperienza analoga era già toccata del resto anche a me con una banca straniera subentrata all’italiana che mi aveva tra i suoi clienti, trattati nella fattispecie come le anime morte di Gogol, ossia venduti senza preavviso né altra avvertenza. Non so se la banca straniera in questione si comporti allo stesso modo con la clientela connazionale o di paesi diversi dal nostro. Sospetto però, anche in base ad altre indicazioni, che in campo bancario come in altri gli stranieri non siano affatto restii ad adeguarsi alle usanze nostrane.
Morale? Siamo tutti felici e orgogliosi che Mario Draghi ascenda alla testa della Banca centrale europea. E ci auguriamo naturalmente che sappia difendere vittoriosamente l’Euro dalle minacce che gravano sulla sua stessa esistenza, nell’interesse anche del nostro paese con buona pace di chi rimpiange la lira e relative svalutazioni. Saremmo stati tuttavia più contenti se Draghi, prima di cambiare lavoro, avesse cominciato a fare qualcosa di concreto e utile per rendere meno borbonico il sistema bancario italiano. Se l’avesse fatto a nostra insaputa, chiederemmo venia e dovremmo semmai dolerci della sua promozione pur avendo a cuore la sorte dell’Euro.
Mevio Squinzia