«Purché questa libertà non divenga pretesto per vivere secondo la carne»
San Paolo, Lettera ai Galati 5,13
Vorremmo qui provare ad affrontare il caso Ruby in maniera strettamente morale. E per farlo adotteremo la morale cattolica, cui Comunione e Liberazione non può dirsi esente, o peggio, superiore. Lo spunto di riflessione parte dalle argomentazioni in difesa del premier che oggi molti appartenenti al movimento carismatico di don Luigi Giussani – cui bisogna aggiungere anche molti cattolici – avanzano con quantità di ragionamenti.
UN ARTICOLO DI “FEDE” Leggiamo l’articolo di Oscar Pini Non sarà mai il moralismo a renderci migliori, ricevuto e subito pubblicato sul portale Sussidiario.net, il principale sito d’informazione di Comunione e Liberazione. Pini sostiene che l’intervento del Cardinal Bagnasco in merito alla questione morale della politica italiana metta in luce la vera necessità del Paese: quella di perdonare e comprendere la debolezza dell’uomo (dicasi Berlusconi), in favore del conseguimento di un più impellente bene comune. Pini separa così la moralità privata, sempre fallibile e colma di peccato, da una più fulgida moralità pubblica, unica cartina di tornasole attraverso cui giudicare l’operato di un ufficiale dello Stato. Secondo Pini – e con lui gran parte di un certo mondo cattolico – il presidente del Consiglio non dovrebbe essere tacciato di immoralità, pena la fine della democrazia sotto la scorta di «una società che faccia di alcuni valori morali preventivamente selezionati e adeguatamente enfatizzati uno strumento di lotta politica per l’eliminazione degli avversari».
Ma la dottrina morale cattolica non è esattamente una di queste società? Quella cioè in cui alcuni valori morali preventivamente selezionati ed enfatizzati diventano uno strumento, se non di lotta (quale governo democristiano non li ha utilizzati per le proprie lotte?), di indirizzo della politica? In realtà, la dottrina morale cattolica non si esprime in questi termini. E lo sa anche Pini. Nella sua Veritatis Splendor – summa della morale cattolica romana – Papa Giovanni Paolo II parla di morale come chiamata della propria coscienza alla legge di Dio, che rappresenta sempre e comunque il bene dell’uomo. Di più. Giovanni Paolo II spiega come «l’autonomia della ragione non può significare la creazione, da parte della stessa ragione, dei valori e delle norme morali». Esiste dunque una morale fondativa ed edenica dell’uomo verso il bene che precede quella razionale: cioè la morale consolidata dalle abitudini e formalizzata – razionalmente – dalla legge umana. La Veritatis Splendor giunge ad affermare che la vera libertà sia soltanto quella che, in ottemperanza alla legge di Dio, è liberata dal male: perché porsi sotto la legge divina non è schiavitù, ma pienezza dell’umanità.
LA MORALE E L’AMORALE (CATTOLICO) Partendo da questo presupposto, che cosa ci suggerisce la morale cattolica circa gli scandali sessuali del premier? Con San Paolo potremmo dire: «Non conformatevi a questo mondo, ma siate trasformati mediante il rinnovamento della vostra mente, affinché conosciate per esperienza quale sia la volontà di Dio, la buona, gradita e perfetta volontà». Il passaggio dalla morale privata («rinnovamento della mente») a quella pubblica («perfetta volontà») è qui più che mai chiaro. San Paolo chiarisce come la propria conversione – e dunque la propria fede personale – siano il presupposto per l’agire libero («volontà») sotto la guida di Dio. Che è il bene dell’uomo e l’espressione più autentica dell’umanità. La morale privata – privatissima in quanto concerne la propria scelta di conversione – emana le linee guida per l’agire in società e costruire quel bene comune che Oscar Pini e il cardinal Bagnasco tanto invocano.
È lo stesso Vangelo a pronunciarsi senza alcuna ombra di dubbio sulla necessità di una integrità della propria morale, della mancanza di ambiguità. Qualsiasi sia la posizione che si ricopre. Ogni volta che Gesù avvicina i Farisei, questo incontro diventa lo spunto per una condanna netta ed inequivocabile della loro doppiezza: quell’atteggiamento per cui la legge (la morale pubblica e codificata), diventa più importante di quella privata. Il cristiano autentico non è quello che agisce soltanto perché la Legge lo impone, bensì come colui che secondo le parole del Beato Angelico: «Evita il male perché è male, costui è libero».
LA VERITA’ VI RERNDERA’ PRESCRITTI Silvo Berlusconi, da un punto di vista strettamente cattolico, non sarebbe un uomo libero, in quanto le sue azioni pubbliche – pur lodate dalla Chiesa – risulterebbero inficiate proprio dalla condotta morale privata dissoluta e peccaminosa. Il discorso delle beatitudini di Gesù è ancora più esplicito: «Beati i puri di cuore». Dove la «purezza», con le parole della teologa Isabelle Chareire dell’Università Cattolica di Lione, è quel «dinamismo interiore che a partire dalla verità personale incontra la legge». Legge che addirittura, per un cristiano, viene dopo la scelta del proprio comportamento: «La legge non viene per prima, ma per ultima, dal momento che si pone come istanza di verifica del desiderio o del progetto etico; la legge è la realizzazione e non il requisito della filtrazione di senso della nostra azione».
Il comportamento di Berlusconi nel suo privato rompe proprio questo schema. E così agisce nel senso opposto a quello millantato da Pini. Se la legge è il risultato di una scelta intima di adeguamento alla fede, allora Berlusconi scegliendo una morale privata diversa da quella ufficiale, intacca quella ufficiale, addirittura “ufficializzando” ciò che per un cristiano è inammissibile. Che la legge degli uomini – quella razionale – sia sempre e comunque più importante di quella divina, che si esprime, in principio, nel privato. Ed è lo stesso Pini ad affermare qualcosa che va contro la sua fede: «il fatto che nell’attuale contingenza tutta l’attenzione si sposti sulla moralità intesa come capacità di coerenza nei comportamenti privati non lascia tranquilli, poiché mantiene aperto il varco a pericolose strumentalizzazioni, indebolendo la stabilità del Paese e distogliendo dalle urgenze che occorrerebbe affrontare e a partire dalle quali anzitutto giudicare le decisioni di chi si assume una responsabilità nella sfera politica». Per il cristianissimo Pini dunque, la ragion di Stato prevarrebbe su qualsiasi discorso morale. Ma, lo ripetiamo, secondo la Veritatis Splendor: la ragione da sola non è sufficiente alla creazione di valori e leggi. A meno che la Chiesa giunga a sostenere che il comportamento privato di Berlusconi appartiene al suo dinamismo interiore di adeguamento alla legge divina che lo ispira quando, in pubblico, difende la libertas ecclesiae. Ma così dicendo, dovrebbero affidare a Pini almeno la riscrittura del catechismo.
Gabriele Pieroni
Giornalista
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