Si può prescindere dal petrolio?
Le genti che popolano i paesi del Mediterraneo hanno soprattutto a che fare con le terre che da esso sono bagnate. I paesi sono da millenni arroccati sui monti, difesi dalla natura e dalle mura. Un bel giorno (o forse brutto) in queste terre e in queste strette strade hanno cominciato ad arrivare le automobili: una grande comodità per i privilegiati che le possedevano e potevano usarle, una grande curiosità e un po’ di invidia per (quasi) tutti gli altri. Pochi coloro che, come i veneziani, potevano ignorare questa innovazione avendo un sistema per muovere persone e cose semplicemente perfetto e quindi soltanto peggiorabile, come è avvenuto con la motorizzazione della navigazione e la quasi scomparsa dai canali di un gioiello tecnologico insuperato come la gondola.
Quando le auto sono diventate numerose, sempre più numerose, e infine troppo numerose, facendo cambiare gli stili di vita (accade oggi che si accompagni persino il feretro di una persona cara alla sepoltura usando l’automobile …), una parte di noi ha cominciato a chiedersi se avere la macchina era stato davvero un desiderabile privilegio. Mentre ci chiedevamo se ne fosse valsa veramente la pena i negozi familiari e le botteghe artigiane hanno cominciato a chiudere e a scomparire. Si è dovuto cercare il lavoro più lontano da casa e anche la spesa ha cominciato ad essere fatta nei supermercati e nei centri commerciali costruiti fuori dal tradizionale centro abitato e raggiungibili soprattutto con l’automobile. Più cresceva il numero degli automobilisti e meno frequenti diventavano le corse dei mezzi di trasporto pubblici. Così, gradualmente, per schiere sempre più nutrite l’automobile è divenuto un indispensabile strumento di lavoro e di vita, una spesa obbligatoria e tutt’altro che modesta per produrre il reddito necessario a vivere. Molti hanno cominciato a rendersi conto che il cambiamento era stato in peggio, ma che si poteva ormai fare?
Nel frattempo quasi ovunque nei piccoli centri abitati una voce positiva per il reddito familiare veniva gradatamente meno: i prodotti degli orti e degli alberi da frutto dei negozianti o dei contadini loro fornitori non hanno più avuto acquirenti. Così, mentre nelle campagne la frutta marciva sugli alberi e gli orti divenivano incolti o si limitavano alla produzione per la famiglia del proprietario, si era costretti a consumare la frutta e la verdura venduta dai supermercati, che proveniva dai mercati generali e che arrivava da paesi sempre più lontani; ottenuta da un numero limitato di specie vegetali e preparata per il viaggio e per l’intervallo che separa la raccolta di frutta e verdura dal consumo con additivi che, insieme ai residui e ai derivati degli idrocarburi, una volta entrati nella catena dell’alimentazione umana, hanno contribuito a determinare la caduta delle barriere immunitarie e l’insorgere di allergie e neoplasie di ogni tipo.
Questa importante parte della nutrizione umana è da tempo totalmente dipendente dal petrolio: la petrolchimica fornisce gli oli minerali e i carburanti per far funzionare le macchine agricole, i fertilizzanti, i diserbanti, gli anticrittogamici che vengono sparsi nei campi con mezzi meccanici dopo essere stati trasportati in contenitori fatti di sostanze plastiche create dall’uomo e non biodegradabili, i cui residui polverizzati finiamo per inalare quando attraversiamo la campagna. L’aria che respiriamo in città ha un analogo contenuto di derivati del petrolio, cambia soltanto la composizione degli ingredienti: più residui di gomma e asfalto e meno residui di prodotti chimici impiegati nei campi coltivati. Tuttavia, le sostanze usate per combattere i parassiti degli alberi in parchi e giardini, i prodotti per il diserbo chimico delle aree urbanizzate e anche quelli usati nei vasi sulle terrazze mantengono comunque intollerabilmente alto il livello delle sostanze ingerite e inalate dai nostri figli semplicemente vivendo, in campagna o in città. Si salvano dall’inquinamento ambientale, almeno in parte, ormai soltanto gli abitanti delle montagne, dove sarebbe inutilmente dispendioso, e quindi economicamente poco razionale, usare queste sostanze velenose su piccola scala. Perché, a quanto pare, la razionalità soltanto a questo serve: a vedere se i conti tornano dal punto di vista economico, non a indirizzare la nostra esistenza verso abitudini più consone alla vita e alla salute.
Mentre tutti sappiamo che il petrolio (una materia prima di origine organica formatasi nel corso di milioni di anni) presto o tardi finirà, il prezzo del petrolio in termini di qualsiasi merce ha continuato a diminuire grazie all’aumento dell’offerta consentita dalla scoperta di sempre nuovi giacimenti e alle tecnologie di prospezione e coltivazione mineraria sempre più perfezionate e sempre più pericolose per gli uomini e per l’ambiente. Ma a queste tecnologie sofisticate non ha fatto riscontro un maggiore discernimento nelle scelte di fondo fatte dai rappresentanti del popolo e dai membri del governo per indirizzare i cittadini verso stili di vita sani e lungimiranti. Al contrario sono stati privilegiati i miopi interessi di pochi a scapito dei più. L’industria automobilistica è stata al centro dell’attenzione di ciascun governo in ogni paese, e non soltanto in quei paesi a bassa densità demografica come le ex-colonie di popolamento dell’Europa (Stati Uniti in testa) ma anche di quei paesi densamente popolati dell’Europa e dell’Estasia come Italia, Inghilterra, Germania, Francia, Giappone, Corea, Cina, Vietnam, che non avrebbero avuto ragioni per promuovere la motorizzazione di massa, ma che al contrario, avrebbero avuto ogni motivo per ostacolarla potendone fare tranquillamente a meno e risparmiando in tal modo ai loro cittadini dolori e delusioni, oltre che elevatissimi costi economici. Così, nel corso degli anni, il giocattolo che tutti volevano si è pian piano trasformato in un accessorio imprescindibile della vita moderna e quel mammifero predatore gregario che è l’uomo ha accentuato grazie all’uso dell’automobile le sue caratteristiche negative rivelate quotidianamente da comportamenti abituali sempre meno “civili” e che mostrano un sostanziale disprezzo per la vita, propria e altrui.
Per tutte queste ragioni confusamente sentite serpeggia un clima di crescente insofferenza per l’automobile, che si accompagna però al senso di ineluttabilità della sua sempre più massiccia presenza. La natura dell’automobile come “status symbol” è destinata a cambiare? Forse. Se non altro già oggi i meno sprovveduti si rendono conto di quanto “avere la macchina” – lungi dall’essere una condizione di privilegio come accadeva ormai molti anni fa – sia fonte di tensioni e preoccupazioni che purtroppo non si possono evitare qualora non si abiti in una zona ben servita dai mezzi pubblici di una grande città. Chiunque abbia riflettuto sull’utilità dell’auto propria sa quanto sia meno oneroso usare taxi, sistemi di car-sharing o auto di noleggio quando occorra anziché la propria auto. NON avere la macchina sarà forse presto un desiderabile “status symbol” lasciando a chi vive isolato, oltre che ai parvenus e agli incolti, la prerogativa di viaggiare in auto: con rammarico se si è costretti, con orgoglio e pericolosamente per tutti se si hanno turbe psichiche e si è quindi felici in una “cassa” (poco importa se da vivo o da morto) con 4 ruote motrici adatte al deserto e alle catene montuose per intimidire i poveri travet motorizzati che non possono permettersi il SUV di cui è ormai infestato ogni paese e non soltanto l’Italia.
Ma se l’enorme numero di vittime (morti, invalidi permanenti e feriti) e i costi spropositati in termini di sofferenza che le si accompagnano, uniti alla consapevolezza dell’impoverimento economico causato dall’automobile si faranno strada nelle menti dei cittadini, vi sono poche aree del mondo più adatte del Mediterraneo per arrestare questa corsa insana e trarre dall’automobile ciò che ha di buono abbandonando le aberrazioni che ne hanno fatto uno strumento di dolore e di inciviltà.
Nei paesi del Mediterraneo le strutture urbane sono molto antiche, le cosiddette “new towns” quasi non esistono, le città sono nate per i pedoni e per questo la presenza dell’automobile le ha snaturate, sconvolte, imbruttite. Le parti nuove che sono state costruite sotto la spinta della motorizzazione sono generalmente brutte e spesso fonte di degrado sociale. Se scomparissero non verrebbero rimpiante. Non è troppo tardi per ripensare a un ruolo diverso per l’automobile e in quasi nessun’altra parte del mondo avviare questo ripensamento può essere più indolore che nei paesi del Mediterraneo. Qui inoltre il clima è generalmente clemente, con inverni miti, estati asciutte, mezze stagioni particolarmente gradevoli per la specie alla quale apparteniamo, il genere umano. Il sole splende ovunque per molte ore all’anno. Il riscaldamento delle abitazioni può contare su combustibili locali come la legna da ardere e sui pannelli solari che producono acqua calda. La geotermia, troppo trascurata, potrebbe dare una mano. Nei paesi del Mediterraneo non occorre l’aria condizionata prodotta con grande dispendio di energia elettrica. Tutti questi paesi hanno l’aria “incondizionata” che è disponibile quasi ovunque e che oltretutto è gratuita. Le tecniche costruttive tradizionali del Mediterraneo, soprattutto quelle di origine araba, unite alle moderne tecniche di costruzione degli edifici energy-conscious, sono comunque in grado di rendere confortevole in qualsiasi stagione ogni abitazione opportunamente progettata e di adattare in modo appropriato buona parte, se non tutte, quelle esistenti la cui ristrutturazione non potrebbe che essere fatta da imprese piccole e medie che darebbero lavoro a molti che ne hanno bisogno.
Per l’industria meccanica ed elettromeccanica si aprirebbero nuovi orizzonti non soltanto nel cominciare a progettare autobus, camion, furgoni, autoambulanze, taxi e autovetture tutti dotati di motori elettrici, ma anche nelle nuove apparecchiature energetiche ormai ben sperimentate in Paesi meno dotati di ore di insolazione e suscettibili di perfezionamenti incrementali che aprirebbero alle imprese nuovi mercati: può essere l’avvio di una nuova era, mentre anche le costruzioni ferroviarie e tranviarie conoscerebbero un nuovo impulso.
Se l’auto cessasse di essere una imprescindibile necessità e se ne potesse fare a meno perché il posto di lavoro potrebbe essere più vicino oppure meglio servito dai mezzi pubblici di trasporto, si avrebbe un vantaggio apparentemente di natura non monetaria, ma che nella sostanza si tradurrebbe in un maggior potere d’acquisto del proprio reddito. Per i redditi minori non sarebbe azzardata l’ipotesi di un raddoppio del potere d’acquisto del proprio reddito, o della crescita di almeno un terzo. Il reddito non destinato all’auto e ai costi da essa indotti potrebbe divenire un motore di crescita economica tutt’altro che indifferente e indirizzarsi all’acquisto dell’abitazione o alla sua trasformazione e miglioramento sotto vari profili incluso quello energetico, foriero di ulteriori risparmi per la famiglia e per il Paese. L’industria automobilistica dovrebbe mirare a prodotti diversi dagli attuali. Dai costosi giocattoli inutilmente veloci e voraci consumatori di carburante proposti ad automobilisti sempre più indisciplinati e inadeguati a una guida sicura perché soggetti a turbe psichiche, con tendenza all’alcolismo e all’uso di droghe, si dovrebbe passare a mezzi di trasporto elettrici a bassa velocità pensati per il trasporto pubblico urbano. Per le medie distanze e fino a un migliaio di chilometri le esigenze di trasporto di persone e cose dovrebbero essere soddisfatte dalle ferrovie, il mezzo di trasporto più sicuro e affidabile, almeno fino a qualche decennio fa quando erano ovunque in Europa e nel Mediterraneo gestite dalla mano pubblica.
Nelle città meravigliose di Roma, Napoli, Palermo, Siena, Vicenza, Il Cairo, Istanbul, Beirut, Marsiglia, Barcellona e mille altre del Mediterraneo, anche se non sempre baciate da un sole sfolgorante, non occorre ripararsi nelle automobili dalle intemperie, non occorre il petrolio per la trazione e il riscaldamento.
Chissà che questi sparsi pensieri, che frullano ormai nelle teste di molti, con la spontanea diffusione di queste considerazioni, non ci portino a desiderare stili di vita più sani dove l’auto, almeno nei paesi del Mediterraneo, torni ad essere al servizio dell’uomo e il petrolio una sostanza puzzolente da usarsi con parsimonia e un po’ di ribrezzo …
Gianni Fodella