Nel febbraio 2009 il governo varò un pacchetto sicurezza che comprendeva, tra le altre misure, l’obbligo per i giudici di disporre la custodia cautelare in carcere nel caso di gravi indizi di stupro a carico del soggetto. Un anno e mezzo dopo la Corte Costituzionale bocciò questo provvedimento. Le misure cautelari possono essere disposte in presenza di esigenze cautelari (pericolo di fuga, reiterazione o inquinamento delle prove), e devono rispettare il principio di adeguatezza e proporzionalità. Insomma, devono adattarsi al caso concreto e il soggetto incaricato di calare nella realtà la norma non può essere altro che il giudice.
Perché allora il governo varò una norma tanto assurda e sicuramente incostituzionale? Purtroppo la risposta è quasi banale. Pochi giorni prima del varo del decreto sicurezza si era verificato un brutto caso di cronaca. A Roma una ragazza era stata stuprata nel bagno di una discoteca da un ventenne italiano, ubriaco, che aveva poi confessato e nei cui confronti erano stati disposti gli arresti domiciliari. Il giudice aveva infatti considerato che non ci fossero esigenze cautelari particolarmente gravi e che, considerate le circostanze del fatto e la personalità del reo, gli arresti domiciliari fossero adeguati. I mezzi di comunicazione e, ovviamente, buona parte del mondo politico avevano gridato allo scandalo. L’opinione pubblica inferocita chiedeva vendetta contro gli stupratori, e i forcaioli di professione agitavano il cappio della castrazione chimica e, perché no, della pena di morte.
Questo caso è emblematico di un problema che si va facendo sempre più grave per la democrazia italiana, e non solo: la politica legislativa non può essere dettata dalla cronaca. E’ stupido farlo per una serie di motivi.
Innanzitutto la cronaca focalizza l’attenzione su situazioni particolari, non sul quadro generale. Tutta l’enfasi posta sul contrasto agli sbarchi di immigrati, ammesso che sia una misura giusta e condivisibile, ha fatto sottacere che solo una percentuale inferiore al 10% dei clandestini arriva via mare. O ancora, il continuo sbattere in prima pagina casi di stupro in strada ci fa dimenticare che la stragrande maggioranza delle violenze sessuali sono commesse in casa da parte dei parenti.
In secondo luogo fare leggi sulla spinta delle emozioni spesso produce risultati controproducenti. Nel 2008 bastò ventilare l’ipotesi che i medici fossero obbligati a denunciare i clandestini che si recavano da loro per le cure, per terrorizzare gli immigrati irregolari. A due anni di distanza il numero di clandestini complessivo non è sceso, in compenso sono in aumento i casi di tubercolosi e altre malattie che vanno diffondendosi nell’assenza di cure.
Spesso c’è poi un contrasto con la Costituzione. La norma suprema è stata scritta per durare, per essere generale e non particolare, per incarnare principi a cui tutto l’ordinamento deve essere uniformato, anche se non sono popolari. Come il principio per cui anche se la pancia di ognuno di noi reclama sangue contro sangue, la testa deve farci lavorare per la rieducazione dei criminali, sempre. Perché non solo è giusto, ma soprattutto è utile.
Ultimo importante motivo per cui evitare che sia la cronaca a dettare l’agenda legislativa del governo è che il rischio di manipolazione della realtà è fortissimo, e accorgersene è praticamente impossibile. Nel 2007-2008 tutti i dati sulla criminalità erano in calo. Le percentuali di alcuni reati gravi come rapine, furti e scippi erano addirittura più che dimezzati. Tuttavia la percezione di insicurezza su tutto il territorio della Penisola cresceva costantemente. Come mai? La risposta, anche questa purtroppo scontata, era (ed è) sotto gli occhi di tutti gli italiani alla sera verso le otto: la televisione. La percentuale di minuti dei Tg dedicati a casi di cronaca nera si era impennata. Gli speciali non parlavano d’altro che di stupri e omicidi. Una certa parte politica lucrava sul clima di terrore creato dai mezzi di informazione appartenenti ad un esponente di quella stessa fazione (ma non solo). Vinte le elezioni, giocate in modo determinante sul tema sicurezza, la fazione diventata governo cominciò la sua legislazione giocata sulla cronaca e, puntualmente, cestinata da giudici costituzionali e internazionali per manifesto contrasto con i principi inderogabili propri degli Stati moderni.
Questo stesso discorso basato sulla cronaca nera è in realtà applicabile a una vasta parte della legislazione prodotta annualmente dal governo di turno. Il problema è che questo cortocircuito nasce da elementi considerati intoccabili del nostro sistema politico e sociale: la democrazia e il pluralismo informativo. Nella distorsione che sono costretti a subire in una società di massa, l’informazione diventata merce e il voto diventato plebiscito producono mostri legislativi. La gente viene informata in modo proporzionale ai suoi gusti, non ai suoi bisogni né tanto meno alla realtà. Quindi grande spazio a cronaca nera, cronaca rosa e allo sport. La politica sì, ma purché in modo leggero. Economia, esteri e temi sociali solo se proprio non se ne può fare a meno. Difficile rendersi conto che la realtà non è fatta di stupri e rapine o di veline e calciatori.
Creato un pubblico il passo per consacrare i giusti attori è molto breve. Chi parla di emergenza sicurezza, tolleranza zero, schiera l’esercito e promette leggi da antico testamento viene acclamato. Chi spiega i fenomeni coi numeri e col senno viene dileggiato, accusato di intellettualismo, di parlare una lingua che il popolo non capisce. Se il teatro è il Parlamento e la biglietteria sono le urne, il risultato è quello che le televisioni non dicono.
Tommaso Canetta