Secondo una legge non scritta della politica internazionale, all’aumentare del numero dei negoziatori, aumenta il tempo necessario per prendere una decisione, e diminuisce la forza della decisione stessa.
Di fronte al deprimente balbettio dell’Unione europea riguardo all’onda rivoluzionaria che attraversa il Nord Africa, c’è da chiedersi se ventisette Stati membri di un unico soggetto di politica estera non siano troppi.
Come ovvio gli Stati dell’Unione si dividono tra chi ha interessi in un senso, chi nell’altro e chi non ne ha. Già sarebbe arduo mettere d’accordo, almeno in tempi utili, tre Stati collocati su queste diverse posizioni. Pensare di farlo con ventisette è utopia.
Allora non ha senso prendersela con l’Unione europea e con la baronessa Ashton, Alto Rappresentante per la Politica Estera e di Sicurezza Comune e, di fatto, poco più che nullafacente. I veri colpevoli di questa situazione sono gli Stati nazionali, in particolare i grandi Stati nazionali d’Europa: Germania, Francia, Inghilterra e Italia.
Dipende dalla loro volontà politica e dalla loro iniziativa l’attuazione di quella che è già stata chiamata “Europa a diverse velocità” o “Europa a cerchi concentrici”. Il Trattato di Lisbona, entrato in vigore il primo dicembre 2009, consente la frammentazione del gruppo di Stati membri in avanguardie e retroguardie, su singole materie. In particolare nella materia della politica estera agli Stati membri è data facoltà di creare una Cooperazione Strutturata Permanente, con una procedura ancor più snella di quella normalmente prescritta per le Cooperazioni Rafforzate, con il compito di agire unitariamente sullo scenario internazionale.
A fronte degli straordinari cambiamenti che stanno avvenendo ai confini dell’Europa, è oggi più che mai necessario che i grandi Stati nazionali europei prendano l’iniziativa di costruire una forza comune che parli con una sola voce e agisca con un solo corpo nell’ambito della politica estera. Pensare di procedere tutti e ventisette affiancati è irrealistico. Deve essere una avanguardia di pochi Stati, in grado di prendere decisioni velocemente ed efficacemente, a guidare il processo. Se poi si vorranno aggiungere altri soggetti tanto meglio, ma senza che questo possa mai compromettere la rapidità di intervento dell’Europa.
Nuove speranze per la democrazia dal basso vengono in queste settimane da popoli lungamente sottoposti a dittatura e ladrocinio, ma quegli stessi popoli potrebbero domani diventare fonte di gravi problemi per il mondo. Si pensi, per fare un esempio di un problema non particolarmente grave, alla recente ripresa degli sbarchi in Sicilia. Un’Europa che parli ai suoi interlocutori con una sola posizione, e che stanzi l’intera propria forza politica ed economica, potrebbe avere sicuramente risultati migliori che non gli Stati membri che agiscono in ordine sparso.
Insomma, un Europa che guardi e non favelli, e tanto meno intervenga, non può essere utile né ai Paesi arabi né a se stessa.
Tommaso Canetta
Beh, Tommaso, quello che dici è più che vero – e prima o poi la situazione si renderà tale (credo prima che poi) che i grandi Stati nazionali dovranno prendere l’Europa per le redini e guidarla…
É ovvio che “the few” possono prendere decisioni più rapide che “the many”… il problema è che per come sono andate le cose storicamente, l’opinione pubblica è che “the few” non possono prendere decisioni che riescano a soddisfare ne proteggere i diritti individuali dei “the many”.
Il problema è che siamo in un ciclo continuo – o mi sbaglio? Si lotta per uscire dalla dittatura e dalla tirrannia, solo per scoprire che cercando di accontentare tutti ci si prende una facciata dopo l’altra.
Non c’è una via di mezzo? Cosa ne faresti di tutti gli altri membri della UE?
E per i popoli anche non Europei che stanno ora uscendo dalla tirannia e quindi hanno la possibilità di emigrare dal loro paese in cerca di qualcosa di migliore, cosa proponi? Una UE abbastanza organizzata per respingerli con efficacia?
O forse un’UE abbastanza organizzata per renderli membri funzionali e produttivi? Voglio credere nella speranza che i cittadini del mondo si possano aiutare a vicenda, a prescindere dalla nazionalità, per far guarire e prosperare la terra.
poche considerazioni. In primo luogo al contrario di quanto scrive il pur bravo articolista “è sempre il caso di prendersela con la baronessa ashton”.
In secondo luogo è naturalmente vero che the many sono un problema. Ho assistito a ore di discussioni sul testo della risoluzione europea sul processo di pace in MO (FAC, gennaio 2011) dovute a dei dubbi del lussemburgo sul linguaggio proposto dai servizi. Ma è un falso problema. La verita è che se i big few si mettono d’accordo gli altri seguono. Il problema della politica estera europea è la mancanza di accordo tra i big few non tra i many. E, salvo casi particolari in cui puoi aggiungere italia o spagna (ma sono pochi e poco rilevanti) i big few sono 2+1. GB e Francia piu Germania. Se questi tre si mettono d’accordo è praticamente fatta, al massimo poi si puo discutere delle virgole. L’unico attore che puo se non bloccare almeno ostacolare seriamente un accordo di questi tre -soprattutto se involve allocazioni di denaro- è la Commissione (che è cosa completamente diversa dai many).
Il che mi porta al terzo tema, forse il piu importante. La politica estera dell’Unione Europea la fa l’Unione Europea o la fa l’accordo tra gli stati? La Ashton è un ministro degli esteri o la protavoce del consiglio? (needless to say che io ho la mia preferenza.. ma immagino sia viziata.. come si dice Where you stand depends on where you sit.. nel mio caso dove ti sei seduto/vorresti sederti in futuro piu che dove siedi ora)
In ogni caso la cooperazione rafforzata tra i few non è una soluzione ne possibile ne auspicabile. Non è possibile in quanto il problema è propri l’accordo tra i big few e laddove questo ci fosse i many seguirebbero. Non è auspicabile perche lascia fuori l’Unione Europea in quanto tale.
Tuo, ex euroburocrate
Ok, hai esposto dei fatti. Ma una proposta? A parte dire come stanno le cose, hai qualche possibile soluzione?
(Usiamo i “many” per forzare la mano ai “big few” per poterli poi seguire sulla giusta strada??)
Visto che l’internauta e’ il luogo delle utopie da realizzare la mia proposta prevede
– elezione di un governo europeo a suffragio universale (presidenziale o parlamentare se ne puo discutere)
– seggio europeo all’onu (nell’ambito di riforma del consiglio di sicurezza che possibilmente togla il seggio a francia e gran bretagna)
– esercito unico europeo
– graduale fusione dei servizi diplomatici (con parallela eliminazione dei ministri degli esteri degli stati membri)
– nomina del sottoscritto a ministro degli esteri unico degli Stati Uniti d’Europa
-invasione della Kamchakta e di un secondo continente a scelta
In attesa che tutto questo si realizzi temo si possa solo sperare in un graduale rafforzamento dell’Alto Rappresentante UE (significativa in questo senso la posizione belga in seguito alla crisi egiziana quando ha chiesto agli stati di tacere cosi che l’unica voce fosse quella di Lady Ashton) e di un parallelo graduale avvicinamento delle posizioni delle grandi potenze europee (che sarebbe decisamente facilitato se la GB decidesse finalmente di uscire dalla politica estera europea invece di ostacolarla dall’interno)
Sono d’accordo più o meno su tutto, tranne che sul suffragio universale. Temo che l’Unione europea perderebbe la sua capacità di fare le cose giuste e impopolari e finirebbe, come già successo in tutte le democrazie a suffragio universale europee, a piegare le sue politiche al breve termine.