L’impostura della guerra democratica
E’ abbastanza corta la lista comunemente accettata dei guerrafondai “immediati”, cioè che presero le decisioni finali e irreparabili, nel Novecento. Guglielmo II; gli austriaci Berchtold e Conrad von Hoetzendorff, qualche altro ministro o maresciallo; i governanti giapponesi dalle guerre a Corea e Cina a Pearl Harbor; Adolf Hitler; Mussolini. Venti, trenta persone. Cento anni di conflitti fecero forse cento milioni di morti, devastazioni anche spirituali e politiche senza numero, ma gli altri responsabili, quelli non compresi nel breve catalogo di cui sopra, tutti assolti. Amnistiati. “Collocati nelle circostanze”. Legittimati dall’amor di patria che li travolgeva, dai doveri di monarchi o reggitori, dai meriti soverchianti di altre loro opere, dalla ragion di Stato. Chi coronò l’edificazione nazionale, chi respinse l’aggressore, chi costruì il socialismo, chi cercò di tenere insieme un impero, chi abbattè regimi totalitari per far trionfare la democrazia e il capitalismo, chi liquidò il colonialismo. Tutti perdonati. Guerrafondai, secondo la consuetudine, solo i Venti o Trenta: con uno smisurato sovrappiù di biasimo per coloro che vennero sconfitti.
Invece le cose non stanno così. E’ vero, quasi tutti gli statisti della storia fecero guerre, e quelli che conseguirono la gloria ne fecero più degli altri. Non possiamo considerarli tutti macellai di popoli. Solo coloro che misero tutto l’impegno di cui erano capaci, tutta l’intelligenza e l’energia, nel convogliare le masse nella mattanza dei conflitti.
Quando credevamo esistere le “guerre giuste” , esoneravamo da colpe coloro che le muovevano: per difendere la patria, per vendicare torti, per conquistare o riconquistare territori, per espandere commerci e industrie. Addirittura esaltavamo quanti bandivano crociate ideologiche: rivoluzione, conservazione, libertà, fascismo, antifascismo, i sacri destini nazionali, le conquiste proletarie, il resto.
Oggi dobbiamo rinnegare tutto ciò, senza alcuna eccezione. L’uomo individuo deve esercitare come mai in passato il diritto di vivere e di non uccidere. Deve rifiutare non solo di morire, anche di soffrire nelle trincee, per la Patria, per la Libertà, per il Socialismo, per l’Antisocialismo. Se la minaccia delle corti marziali e dei plotoni d’esecuzione continuerà a costringere l’individuo a combattere, sarà criminale sopraffazione dello Stato Moloch, non il nobile esercizio di civismo di cui si parlava in passato. La figura dell’eroe spontaneo resterà entro certi limiti ammirevole. Ma l’eroismo non dovrà più imporlo la bandiera, l’allineamento ideale, la solidarietà di classe, ogni altra impostura. Mandare in guerra chi non sia militare professionale, cioè mercenario, non è più un diritto dei governanti. Chi muoverà guerra ipso facto si macchierà facto di crimini contro l’uomo.
In queste pagine parleremo solo di alcuni tra i tanti guerrafondai inspiegabilmente assolti, nonostante il sangue che fecero scorrere. Raymond Poincaré, nel 1914 presidente della Repubblica ma in realtà dominatore della politica estera della Francia. Sergei Dimitrovic Sazonov, al momento di Sarajevo ministro degli Esteri dello Zar e anch’egli egemone, come Poincaré, delle tragiche decisioni che -nel campo dell’Intesa- fecero esplodere la Grande Guerra (senza di quella, il secondo conflitto mondiale non sarebbe venuto, o sarebbe stato un’altra cosa. Forse la Russia non sarebbe diventata bolscevica, forse l’Italia non sarebbe diventata fascista. Certo senza la sconfitta e senza Versailles mai i tedeschi si sarebbero dati a Hitler, perché Hitler non sarebbe sorto).
Parleremo anche di Woodrow Wilson, presidente degli Stati Uniti, il quale volle la sua nazione in guerra benché nessun nemico la minacciasse. In realtà volle lanciare l’America come la superpotenza che ancora non era, e in ciò precorse i suoi successori più scopertamente imperialisti, F.D.Roosevelt e Bush junior.
Prima di raccontare il guerrafondaio peggiore e più fortunato di tutti, F.D.Roosevelt appunto, segnaleremo la malazione finale dei capi del comunismo spagnolo. A Franco saldamente insediato al potere coll’irresistibile vittoria del 1939, ritennero di lanciare una “Resistencia armada”, che come movimento guerrigliero non aveva alcuna prospettiva, e infatti non agì, ma fece alcune migliaia di morti nel nome della Rivoluzione. Man mano che lo Stato franchista si dimostrava imbattibile, i contadini e altri proletari aiutarono a sterminare i partigiani.
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