In queste foto viene rimosso il soggetto più importante: le Torri Gemelle. Questo (e l’utilizzo del bianco e nero) ci permette di concentrarci su quanto resta. Il vuoto, che vuoto non è, se consideriamo lo skyline attuale di New York. L’ambiente che resta intorno, coinvolto ma anche indifferente alla tragedia. Il fumo, che sembra aleggiare come una sinistra presenza sulla città.
Il mito dell’inviolabilità del suolo americano è stato appena infranto. L’immagine quasi testimonia una sorta di rimozione collettiva: quanto sarebbe bello se quel fumo fossero solo nuvole basse su Manhattan, quanto sarebbe bello se quelle sagome scure nel bianco fossero uccelli in volo. Invece la tragedia è resa ancora più intensa là dove viene privata degli effetti più scenografici. Nessuno può guardare la foto e quasi esclamare di ammirazione per l’effetto visivo. L’affermazione di Stockhausen per cui l’11 settembre è l’opera d’arte più grande del mondo, qui perde di significato.
L’americano medio, e come lui qualsiasi essere umano, è costretto a guardare dritto in faccia l’accaduto, senza colori sgargianti o effetti speciali da film che possano distrarre la ragione dalla cruda realtà. Scomparso il soggetto, scomparsa l’emotività, restiamo a guardare sconcertati un’immagine che unisce il passato e il presente, il momento della tragedia e il futuro. Un modo per tornare a osservare, a distanza di anni, e con maggiore lucidità, la tragedia dell’11 settembre.