PROCREAZIONE ASSISTITA: LA VOLONTÁ POPOLARE NON SI É ESPRESSA

A seguito dell’assegnazione del premio Nobel a Robert Edwards, padre della fecondazione in provetta, e soprattutto dopo il recente ricorso alla Consulta sulla Legge 40/04 (o su ciò che ne resta), si è riaperto in Italia il dibattito sulla procreazione assistita.

Tralasciando quelle che possono essere le opinioni personali sul tema, quello che è stupefacente è l’argomento utilizzato dai sostenitori della legge in questione. Secondo costoro, politici o prelati, non si può “sovvertire la volontà popolare” che si manifestò tramite il referendum del 2005. Un tale assunto è assurdo sia da un punto di vista costituzionale, sia da un punto di vista logico-politico.

In primo luogo, in Italia vige una gerarchia delle fonti normative, per cui la Costituzione è sovraordinata alla legge ordinaria. Se una legge ordinaria è in contrasto con la Costituzione, va abrogata. L’organo competente è la Corte Costituzionale. E’ assurdo dunque stigmatizzare preventivamente l’intervento della Corte come se fosse un’indebita interferenza del potere giudiziario nella sfera di quello legislativo. Si tratta, al contrario, del dispiegarsi del normale bilanciamento dei poteri nello Stato.

In secondo luogo, da un punto di vista logico-politico l’argomento dei paladini della legge 40 è ancor più ipocrita e imbecille. Come si può sostenere che la volontà popolare degli Italiani si sia espressa in un referendum a cui ha partecipato il 25% del corpo elettorale? Bisognerebbe essere privi di cervello, o di scrupoli, per sostenere che il 75% che si è astenuto ha voluto manifestare la propria contrarietà al referendum. La verità è che, grazie alle indicazioni del clero e del ceto politico cattolico, alla percentuale dei contrari si è aggiunta quella dei disinteressati, rendendo impossibile quantificare gli uni e gli altri. L’unico dato certo è che al 25% degli Italiani il tema interessava, e che la grande maggioranza di questi erano favorevoli all’abrogazione della legge.

Per evitare in futuro simili confusioni, e soprattutto per non assassinare l’istituto del referendum, si impone oggi un ripensamento del quorum. In un Paese che vede l’affluenza alle urne in costante calo, ormai sotto l’80%, non ha più senso il mantenimento dell’asticella al 50%+1 degli aventi diritto al voto. A meno che non ci sia l’intento inconfessabile di sterilizzare uno dei pochi strumenti di democrazia diretta previsto nel nostro sistema.

Tommaso Canetta