Diritto e dovere di votare

Una provocazione per migliorare la democrazia

Nell’attuale sistema, qualsiasi cittadino italiano, compiuti diciotto anni, ha il diritto di voto. La ratio di tale scelta del legislatore è che si ritiene che la maturità e la conoscenza necessarie per votare, si raggiungano con la maggiore età. Un simile sistema ha l’evidente pregio di essere estremamente semplice, ma l’altrettanto evidente difetto di essere approssimativo.

A fronte di una maggioranza di cittadini che si informano, discutono, si formano un’opinione (più o meno approssimativamente), c’è una minoranza, purtroppo non esigua, che pur dichiarando apertamente di “non interessarsi alla politica” (non di “esserne disgustati”, che pure presupporrebbe una conoscenza, ma di non conoscere i fatti e gli avvenimenti più macroscopici) tuttavia non si astiene. Il voto di simili persone è estremamente importante per la classe politica, in quanto spesso determinante per la vittoria, e per ottenerlo si fa leva su questioni che con la politica non hanno nulla a che fare. Si incentivano, insomma, demagogia e antipolitica, e si arriva ad incoraggiare il torto e la superficialità purché, e in quanto, popolari.

Al contrario un sistema che calibri sulla singola persona la verifica del raggiungimento della necessaria maturità (quale quello proposto, in cui il voto è subordinato al superamento di un test elementare), escluderebbe in primo luogo questa spirale verso il basso della politica, ed in secondo luogo sarebbe più equo nei confronti del singolo.

Con un simile sistema si potrebbe, ad esempio, abbassare l’età richiesta per votare, così come allargare il diritto di voto agli immigrati residenti da almeno 5 anni. Tutti infatti sarebbero chiamati a provare, con un metodo rapido ed il più oggettivo possibile, la conoscenza basilare della lingua italiana e dell’attualità, ed il possesso di una minima capacità di ragionamento.

Questo metodo ovviamente si presta ad un’infinità di critiche, teoriche laddove si biasimi l’esclusione di alcune persone dalla scelta di chi ha il dovere di governarli, e pratiche quando inerenti le modalità della selezione. Tralasciando le seconde, circa le prime va osservato che già ora il voto è sia un diritto che un dovere. Questa seconda parte però, nell’attuale sistema, è del tutto trascurata. Molti cittadini non avvertono l’importanza del loro recarsi a votare, lo danno per scontato e talvolta lo bistrattano o lo monetizzano.

Al contrario nel sistema proposto, diritto e dovere verrebbero connessi ed egualmente valorizzati. Il primo consisterebbe nel fatto che tutti i cittadini, anzi non solo, hanno l’opportunità di accedere al voto; il secondo, invece, nel fatto che sia necessaria la volontà di cogliere tale opportunità. I requisiti richiesti per votare sarebbero infatti di una tale semplicità, che chiunque abbia ricevuto l’istruzione obbligatoria, e che abbia la volontà di accedere ad informazioni basilari, diffuse e gratuite, sarebbe in grado di soddisfarli.

Il meccanismo del voto condizionato ha poi il pregio della “premialità”, per cui il diritto di esercitare il voto viene ottenuto tramite uno sforzo, pur minimo, e dev’essere quindi “conquistato”. Inoltre, se la “premialità” funzionasse, si avrebbe anche una tensione virtuosa da parte degli esclusi per poter partecipare all’elezione successiva: essendo i requisiti richiesti, come già detto, facilmente e gratuitamente raggiungibili, si otterrebbe infatti un progressivo livellamento verso l’alto, ma non tale da risultare elitario. Anche gli stessi partiti politici, oggi spinti a ricercare il voto degli ignavi, sarebbero al contrario incoraggiati a promuovere un minimo di conoscenza di quei requisiti richiesti come minimi per accedere al diritto di voto.

Solone X