Straordinaria l’importanza, nella luce come nelle ombre, dell’articolo “L’immutabile destino della Chiesa: trionfante e sofferente insieme” di Vittorio Messori (Corriere della Sera, 7 luglio 2010). Messori è intimo di Benedetto XVI (“Quando mi descriveva la situazione”; “Una volta, a tavola, gli sentii sfuggire una confidenza”).
Le sue enunciazioni sono, questa volta in ogni caso, ammirevolmente oneste: “Il Dio di Gesù sembra eclissarsi”. “La Chiesa sarà sempre viva e feconda e, al contempo, come agonizzante”. “Clero indegno, tra abusi sessuali e affarismi? Nessuna sorpresa, essendo (la Chiesa) sia casta che meretrix”. “Decadenza numerica? Il suo destino, come prevede il Vangelo, è di essere piccolo gregge, lievito, sale, granello di senape”. E soprattutto:”Nulla può turbare il Pastore se regge la fiducia nell’esistenza di Dio. Nulla può stare in piedi, invece, se ci si convince che ci sono Caso, Materia, Evoluzione cieca al posto di Dio (…), che la Chiesa è una multinazionale affaristica o, a essere benevoli, la maggiore delle Ong”. “Per due volte, negli ultimi mesi, Benedetto XVI ha ripetuto: “La fede rischia di autoestinguersi, come una fiamma che non trova più alimento” e “Oggi, in Occidente, chi mi stupisce non è l’ incredulo, è il credente”.
Grandezza di riconoscere la verità, in Ratzinger come in Messori. Ma sorprendentemente angusta, anzi cieca, nel secondo la visione dell’avvenire immediato. La salvezza, per Messori, verrà dall’istituzione del nuovo Pontificio Consiglio per la la rievangelizzazione dell’Occidente secolarizzato, “affidato a un arcivescovo come Rino Fisichella, cardinale se farà bene”. Verrà soprattutto dalla riscoperta di quel “lavoro di ricerca della credibilità della fede, quell’accordo tra il credere e il ragionare che è sempre esistito nella Chiesa, e che dopo il Concilio era stato abbandonato (…) E’ tempo insomma di ritorno all’apologetica (oggi si preferisce chiamarla (…)Ci vorranno nuovi apologeti, rispettosi di tutti e al contempo coriacei”.
Dunque, secondo Messori, nessuna esplorazione in terre nuove. Invece ritorno a ciò “che è sempre esistito nella Chiesa” e rifiuto di “molta teologia infida che insinua il dubbio e mina le certezze”, di “tanta esegesi biblica che disseziona la Scrittura con un metodo creato nel Novecento da atei o da protestanti secolarizzati”. Rifiuto, infine, “di tanta pastorale che nega le basi dell’etica cattolica”.
Se questo è il pensiero, oltre che di Messori, anche di Ratzinger, la Chiesa non ha speranza. Un cattolico praticante come chi scrive sente che la Chiesa dovrà fare l’esatto contrario che il ritorno a Bellarmino. Questo esatto contrario lo farà un papa non riformista, ma rivoluzionario. In nulla espresso dalla Curia, dal management e dalla diplomazia (persino Roncalli, un nunzio, era sbagliato), e invece “fatto” nelle parrocchie, nelle cappelle delle carceri e degli ospedali, nelle clausure dei cenobi. Un papa santo-estremista, più deciso di Lutero, che demolisca quasi tutto, abolisca i cardinali e i prelati burocrati, sciolga la Città del Vaticano, ripudi non i soli crimini del Medioevo e del Rinascimento ma tutti gli errori e i misfatti di 17 secoli di glorie, fasti e ricchezze temporali.
Una Chiesa che lasci Roma e venda, oltre a San Pietro e ai Sacri Palazzi, le banche, le holding finanziarie, gli imperi immobiliari e universitari, si scoprirà nella sua cruda povertà -il ricavato, ai poveri del mondo- l’unica superpotenza spirituale e ideologica del pianeta. Sulle macerie e i cadaveri del marxismo, del capitalismo liberale, del laicismo progressista/trasgressivo, oltre che del cattolicesimo alla romana, la Chiesa della rivoluzione si ergerà come vera vincitrice. Il più alto dei fari. La più possente delle centrali del pensiero religioso, e non solo.
l’Ussita