Una premessa.
Il mondo di oggi si trova conteso tra due civiltà molto diverse e quasi ignare l’una dell’altra. Con buona pace di chi ritiene di essere al corrente di come stiano veramente le cose grazie all’opera vasta e continua dei moderni mezzi di disinformazione di massa, in Occidente ignoriamo i valori quotidianamente e inconsapevolmente vissuti da chi si è formato in Estasia, l’area geoculturale che ha al proprio centro la Cina e che comprende a Nord l’arcipelago giapponese e la penisola coreana, e a Sud la penisola indocinese, Thailandia, Malaysia con Singapore e Indonesia.
Questa parte del mondo, per noi cresciuti nell’ambito della civiltà Occidentale, rimane in buona parte misteriosa e anche se ce ne interessiamo quando la percorriamo o vi soggiorniamo per brevi o lunghi periodi, poco apprendiamo e alla fine nulla o quasi sappiamo veramente. Qualche raro individuo, attraverso grandi sforzi personali, può riuscire a dotarsi degli strumenti (in primo luogo quello linguistico) che possano permettergli di penetrare quel mondo dove regna una civiltà distinta e sconosciuta. Disgraziatamente però questa conoscenza servirà a poco perché non potrà essere comunicata agli altri, a noi che apparteniamo alla civiltà Occidentale e siamo quindi privi dei mezzi culturali (anzi, di civiltà) necessari a comprenderla. Quindi, se possiamo essere informati su molti dettagli di fatti ed eventi che riguardano l’Estasia, ce ne sfuggirà la comprensione profonda perché non riusciremo a cogliere la concezione del mondo che caratterizza i suoi figli. D’altra parte chi è immerso in un certo tipo di civiltà non può estraniarsi da essa e guardarla per così dire dal di fuori. Non possiamo quindi contare neppure sull’aiuto, in termini di mediazione tra civiltà diverse, degli “altri”, dei diversi da noi, di coloro che appartengono a un altro ambito di civiltà.
Anche la testimonianza resa da Marco Polo sulla Cina con “Il Milione” nel XIII secolo, non ebbe alcuna influenza (anche se fu determinante, come testimonia la copia del Milione preservata alla Biblioteca Colombina di Siviglia e annotata a mano da Cristoforo Colombo, nello spingere il navigatore a voler raggiungere via mare, ma viaggiando in senso contrario, la fonte delle spezie, delle porcellane e della seta). Il libro di Marco Polo, ritenuto per sei secoli frutto di fantasia, cominciò ad essere creduto un vero resoconto di viaggio quando la Cina, ormai in decadenza, stava per divenire una facile preda dell’Occidente colonialista.
Il concetto di civiltà non è facile da comprendere, ma per i nostri modesti scopi questa parola verrà usata per definire quel complesso di valori la cui vissuta eziologia finisce per dare origine a una concezione del mondo peculiare e distinta da quella di altre civiltà, coeve o scomparse che siano.
All’interno di ogni civiltà vi sono poi delle culture distinte condivise da gruppi umani che si rifanno a credenze, stili di vita, lingue, religioni che sono peculiari di un certo gruppo sociale e che perciò lo caratterizzano e lo differenziano dagli altri. Talvolta queste differenze sono minime, al punto che un osservatore esterno non sarebbe quasi in grado di coglierle, oppure le differenze sono semplicemente immaginate, ma ciò nondimeno ritenute reali dagli interessati coinvolti. La sfera religiosa, nell’ambito della civiltà Occidentale (ma non in quella dell’Estasia), è una fonte infinita di incomprensioni e tensioni che altri elementi, che sembrerebbero avere un ben maggior peso, come per esempio la comunanza di lingua, non riescono a neutralizzare e neppure a mitigare. Si pensi ai serbo-croati accomunati dall’identica omonima lingua, cristiani, ma divisi dal fatto che i croati sono cattolici – e vogliono quindi scrivere la loro lingua, il serbo-croato, facendo uso dei caratteri latini – mentre i serbi sono ortodossi e vogliono quindi scrivere la loro lingua, il serbo-croato, facendo uso dei caratteri cirillici, inventati (adattati sarebbe più appropriato) dai santi Cirillo e Metodio quando hanno cristianizzato gli slavi una decina di secoli fa. Sembra di leggere “I viaggi di Gulliver” di Jonathan Swift, e invece si tratta di una realtà che ha provocato lutti nella terza guerra europea del secolo XX. Un esempio analogo potrebbe essere fatto relativamente all’India, separatasi nel 1947 su una base puramente religiosa per dividere i praticanti dell’Induismo (una religione monoteistica ritenuta a torto politeistica) dai praticanti dell’Islam. Questa separazione ha dato origine a una guerra civile che ha causato alcuni milioni di morti e che ha continuato a causarne, per tacere dei conflitti avvenuti e latenti tra i diversi tronconi del sub-continente indiano. Il Pakistan si è dotato di una lingua ufficiale, l’Urdu, scritta con i caratteri arabo-persiani, mentre l’India ha adottato come lingua ufficiale lo Hindi, scritta con i caratteri devanagari in uso per il Sanskrito, lingua antica che ha influenzato tutte le lingue europee che non a caso si chiamano lingue indo-europee (in tedesco: indo-germanische sprache). In verità Hindi e Urdu erano e sono la stessa lingua, l’Indostano dell’India settentrionale, e sono andate differenziandosi negli usi lessicali nel corso degli ultimi 60 anni. La parte più orientale della penisola indiana, staccatasi dall’India per unirsi al Pakistan come East Pakistan, si è poi definitivamente staccata dal Pakistan con il quale non condivideva altro che la religione islamica, divenendo il Bangladesh un Paese la cui lingua ufficiale, il bengalese o bengali, è parlato anche dai bengalesi che vivono in India e che sono in maggioranza induisti.
Tuttavia, sebbene la religione possa giocare un ruolo importante nel sottolineare le differenze, e rendere ciechi nei confronti dei tratti che accomunano anziché dividere, non si può in alcun modo ritenere la religione come il solo elemento determinante nel caratterizzare le culture né, a maggior ragione, le civiltà.
Per ragioni che oggi chiameremmo puramente propagandistiche lo scontro tra religioni è stato in passato, per esempio nel Medioevo, spacciato per scontro tra civiltà (anzi: tra civiltà e barbarie) mentre si svolgeva sempre nello stesso ambito di civiltà (quella Occidentale) e spesso addirittura nell’ambito della stessa cultura, come è accaduto per esempio nella Reconquista dei territori spagnoli sotto il dominio dei Mori. Territori dove la tolleranza religiosa dei dominatori permetteva la pacifica convivenza di credi religiosi diversi in un ambito culturale comune pienamente condiviso dai praticanti di tutte le fedi rappresentate in quella comunità. Ma la comunanza della lingua, della religione e degli stili di vita non sono elementi sufficienti a evitare fratture e divisioni dalle conseguenze nefaste all’interno di popoli che condividono “quasi” tutto. Inutile scomodare la storia, i Guelfi e i Ghibellini, le ideologie, basterà il tifo calcistico a farci capire la stupidità della natura umana quando vogliamo sentirci divisi e nemici.
Ma sarebbe ora di parlare di Mediterraneo, anzi dei Paesi che vi si affacciano, dato che le genti che popolano questi Paesi, salvo rare eccezioni di ogni epoca, poco hanno a che fare con il mare e molto con le terre che da esso sono bagnate …
Gianni Fodella